LO SCUDETTO DEL 2009 – GIANLUCA ABIGNENTE

L'INTERVISTA AL COACH DELLO SCUDETTO DI UDINE DEL 2009: GIANLUCA ABIGNENTE

di Alistair Castagnoli, basketball coach, dottore in Scienze Motorie

PROLOGO: UN BREVE RIEPILOGO DELLA STORIA

Lo ripeto: sabato 30 maggio 2009 – 13 anni fa – Udine, la squadra di basket Under 19 (14 ragazze nate nel '90, '91 e '92) dello Sporting Club Udine (società di basket femminile) allenata da Gianluca Abignente, vince lo Scudetto di basket femminile e diventa Campione d'Italia.

Vince battendo in finale San Martino di Lupari 66-57, in una partita intensa ed emozionante.

Quella vittoria e lo scudetto furono la conclusione ideale di un lunghissimo viaggio iniziato dalla società del Presidente Grassi e del patron Giuseppe Patriarca nel 1997 con il Progetto Trudi.
Tanti i collaboratori (chiedo scusa a chi dimentico), general manager (Angelo Conti, Francesco Bianchini), allenatori (Maurizio Ivanchic – che portò la società a giocarsi la Finale per la promozione in A1 – , Lucio Pasqualini, Paola Cavallo, Andrea Zucca, Francesco Vignando, Achille Milani, Claudio Luzzi Conti, Marco Bon), dirigenti (Roberto Battistella; Giuseppe Tantillo), giocatrici (annate nate dall' '84 all' 87; e annate nate nell' '88 e '89 che lo scudetto lo hanno più volte sfiorato) che nel corso degli anni hanno contribuito a formare nelle giocatrici stesse mentalità e abilità necessarie a diventare un punto di riferimento in Italia, in anni in cui il livello del basket femminile e le competizioni erano molto elevati.


CAPITOLO 1: L'ARRIVO

Nel 2004, voluto dall'allora GM Mario Graziutti, arriva in società un giovane allenatore friulano pressoché sconosciuto che avrà la capacità e la forza di far fare a Udine l'ultimo salto di qualità.
Gianluca Abignente.

Avevo conosciuto Gianluca durante la stagione 2003/04 quando allenava in serie B a Codroipo.
Due cose mi avevano colpito di lui: l'intensità di gioco e l'efficacia delle sue giocatrici. Caratteristiche che lo avrebbero accompagnato durante tutta la sua carriera.
L'incontro con Gianluca avviene telefonicamente. La voce è sempre gioviale, cordiale e capace di trasmettere amicizia ed entusiasmo. Le parole che usa sono precise e sa usarle in modo da lasciarti dentro qualcosa. Parla come allena: con coraggio e con le idee chiare, per se e le sue giocatrici. Intervistarlo per me è sia un piacere – essendo stato parte del suo staff durante gli anni a Udine – che un dovere nei confronti della memoria verso tutte le persone che a quello scudetto contribuirono. Prime tra tutte le giocatrici.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Gianluca, dal 2012 alleni a San Martino di Lupari in A1, società che, al tuo primo anno come capo allenatore, hai portato dalla Serie A2 alla Serie A1. Dal 2013 al 2015 sei stato assistente della Nazionale Maggiore Femminile. Nel 2017 ti viene assegnato il premio come migliore allenatore di Serie A1 femminile.
La prima domanda che mi viene da farti è se, e quanto, quello scudetto vinto nel 2009 ha cambiato la tua carriera?

GIANLUCA ABIGNENTE: Più che la carriera forse ha dato un senso a tutto il lavoro che veniva fatto. Ha dato una prospettiva a quello che si poteva raggiungere con una visione e programmazione a medio termine. Lo scudetto mi ha dato l'opportunità di vedere ragazze che avevano iniziato il percorso da quindicenni arrivare a 19 anni, quindi 4 anni dopo, ad essere giocatrici capaci di vincere uno scudetto nazionale. Questa è la prospettiva che mi ha dato.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Sei stato allo Sporting dal 2004 al 2012. Dopo il primo anno come assistente in Serie A, dal 2005 diventi capo allenatore della Serie A e dell'under 19. Otto anni in cui mattone per mattone hai costruito la vittoria dello scudetto e hai formato decine di giocatrici che hanno giocato nelle varie nazionali giovanili, nella Nazionale maggiore e ancora giocano in serie A.
Quali sono state le tappe più importanti di questo tuo viaggio allo Sporting Club Udine?

GIANLUCA ABIGNENTE: Fin da subito abbiamo iniziato a scrivere un po' di storia. La squadra veniva da due stagioni difficili in cui si era salvata ai play out. Al mio primo anno come capo allenatore (il 2005, ndr.), con una squadra in gran parte nuova e con tante ragazze giovani, riuscimmo a posizionarci al sesto posto. L'anno dopo già riuscimmo a centrare i play off che al tempo qualificavano 4 squadre su 16.
Ricordo che quei play off li conquistammo con una squadra composta da 5 senior e 5 under 18. Quindi già da subito compimmo, secondo me, un passo importantissimo e lo vorrei ricordare perché con quelle 5 under lo stesso anno (il 2006, ndr.) disputammo la finale dello scudetto a Napoli contro la squadra '88 di Treviso.


CAPITOLO 2: PIANGEVA PERCHE' NON VOLEVA TIRARE

ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti interrompo. Facciamo il punto su cosa accadde in quegli anni con la squadra Under 19 che con il tuo staff (assistente Massimo Spinacè; massaggiatore Alberto Bertossi; preparatore Alistair Castagnoli) allenavi insieme alla Serie A.

GIANLUCA ABIGNENTE: Nel 2005 raggiungemmo le finali, le mie prime finali nazionali, con l''under 18 a Jesolo. All'Interzona ricordo perfettamente il tiro di Sara Quaino che ballò sul ferro, rimbalzandoci sopra 3 volte, per entrare a sirena suonata regalandoci le Finali Nazionali. Erano dei concentramenti molto competitivi in cui si giocava due giorni e se perdevi tornavi a casa. C'era un posto solo per quattro squadre. Il primo giorno vincemmo contro Como. E il secondo giorno vincemmo contro Pesaro, dell'attuale Valeria Battisodo, playmaker di Schio.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Vinceste grazie al tiro di una giocatrice a cui, secondo me, devi molto.

GIANLUCA ABIGNENTE: Questo è un fatto che ancora ricordo e che ripeto tantissime volte ai colloqui individuali che faccio. Vincemmo sulla sirena grazie ad una ragazza che l'anno precedente al primo colloquio individuale mi disse "Io voglio diventare una giocatrice". Però faceva un po' di fatica a tirare. Tanta fatica. E ogni volta che le dicevo che doveva tirare lei piangeva perché non voleva tirare.
Per questo lo racconto ai colloqui individuali che faccio. Lo racconto alle ragazze che giustamente, essendo molto giovani, non possono guardare al di là del quotidiano, spiegandogli che se lo vogliono e se loro si mettono, tra virgolette, nelle mie mani, il percorso è condiviso. Si fa una strada insieme. E si arriva nonostante le evidenti difficoltà che magari possono sorgere in corso d'opera. Ma alla fine i risultati arrivano.
Quello fu il risultato di una ragazza che l'anno prima non tirava mai, quell'anno faceva tanta fatica ma che con il suo tiro mi portò alle prime finali nazionali a Jesolo.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Questo nel 2005. Nel 2006 con l'Under 19 disputasti le Finali Nazionali a Napoli.

GIANLUCA ABIGNENTE: L'anno dopo appunto disputammo la finale per lo Scudetto contro Treviso che poi era la nazionale italiana Under 19, perché quell'estate 8 o 9 dodicesimi della nazionale Under 19 era formata da giocatrici provenienti da quella squadra. Da Sottana a Zampieri, per passare a Barisoni, Rossi e le altre.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Poi dopo un 2007 in cui ti occupi solo della Serie A, nel 2008 riprendi la squadra Under 19 e?

GIANLUCA ABIGNENTE: Nel 2008 mi ridanno la squadra e arriviamo terzi a Udine. E poi l'anno dopo, nel 2009, primi.
Riassumendo arrivammo sesti a Jesolo nel 2005. L'anno dopo secondi. Nel 2007 non allenai io la squadra. Nel 2008 terzi. Nel 2009 primi.
Quindi direi che anche il percorso giovanile fino a quel momento è stato straordinario.

CAPITOLO 3: QUANDO NON PUOI SBAGLIARE

ALISTAIR CASTAGNOLI: Le sconfitte alle precedenti edizioni delle Finali Nazionali, ce le hai appena ricordate, in qualche modo vi hanno aiutato? Le hai usate a tuo vantaggio per vincere quello scudetto?

GIANLUCA ABIGNENTE: Questa è una domanda molto difficile per me personalmente. Purtroppo per me la sconfitta molto spesso continua ancora ad essere una cosa negativa invece che essere quello che deve essere e cioè una cosa positiva.
Il mio rapporto con la sconfitta nell'immediato è proprio bruttissimo. Poi in realtà sul lungo periodo la sconfitta è uno stimolo a metterci ancora di più, ad impegnarsi di più in quello che è la comprensione di ciò che va fatto per vincere. Quindi sì, mi hanno aiutato, ma ho bisogno di metabolizzare.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Quanto è difficile vincere uno scudetto giovanile? O meglio quanto era difficile quando dai concentramenti interzonali si qualificava solo la prima squadra (su quattro) e le Finali Nazionali erano a 8 squadre. E la qualificazione alle semifinali se la guadagnavano solo le migliori 4 di quelle 8 squadre.

GIANLUCA ABIGNENTE: Era molto, molto difficile. Tanto è vero che quell'anno lo facemmo letteralmente da assatanati, nel senso che anche nelle partite più scontate la squadra esprimeva 40 minuti di pressing, spingendo la palla per creare la mentalità che poi sarebbe servita per poter arrivare fino in fondo. E direi che quello è stato un passaggio molto importante. Anche alla luce dell'esordio alle Finali Nazionali ... (lo interrompo, ndr.)

ALISTAIR CASTAGNOLI: Hai anticipato la domanda. Se vuoi parlarne. Lunedì 25 maggio 2009 la squadra di Udine fa il suo esordio alle Finali Nazionali (che si disputano a Udine). Il regolamento prevede due gironi all'italiana di 4 squadre l'uno, da cui si qualificano le prime 2 squadre di ogni girone per le semifinali incrociate.
Il roster delle future Campionesse d'Italia, lo voglio ricordare, è composto da: Erika Striulli, Martina Picotti, Marta Franco, Marta Fiascaris, Anna Meroni, Maura Lei, Tayara Madonna, Valentina Molaro, Gaia Zussino, Lara Cavosi, Martina Beltrame e Giulia Lazzaro (Marzia Casagrande siede in tribuna) .
La partita inizia, prendete il controllo, ma poi arriva una sconfitta di 2 punti.

GIANLUCA ABIGNENTE: Quella sconfitta nacque da una mia lettura errata. Era una settimana di maggio ma sembrava estate piena. Faceva un caldo incredibile e noi giocavamo pressing 40 minuti. Nel quarto quarto, sul più 22, decisi che era il momento di iniziare a far riposare il quintetto e inserì le ragazze dalla panchina e quella partita la perdemmo contro l' Athena Roma di Gaia Gorini (Ora in A1 alla Reyer Venezia, ndr.).
E rischiamo di rovinare il percorso.
Ma da lì probabilmente nacque la ferocia necessaria per affrontare le altre partite durissime.
La seconda partita contro Parma. La terza contro San Martino delle gemelle Dotto.
Giocammo con la consapevolezza di non poter fallire e non fallimmo. (Udine perde la prima gara del girone contro Athena Roma 55-57. Vince la seconda contro Parma 106-65. Si qualifica per le semifinali nella terza gara battendo San Martino di Lupari 66-57. Ndr.)
Dalla ferocia della sconfitta, giunse la consapevolezza di poter arrivare fino in fondo. L'errore ci costrinse a non poter più sbagliare.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti ricordi cos'hai pensato subito dopo la sconfitta all'esordio?
E ti ricordi cos'hai detto alla squadra per cambiare quella sconfitta in vittoria?

GIANLUCA ABIGNENTE: Non ricordo. Spero di aver detto quello che c'era da dire. Era colpa mia. La gestione sbagliata era mia. Non certo delle ragazze.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Quando hai capito che avreste potuto vincere lo scudetto quella stagione?

GIANLUCA ABIGNENTE: Purtroppo tendo a vedere di più le problematiche delle parti positive. Quindi probabilmente pensare di poter vincere lo scudetto era un sogno. Io vado in campo e gioco per la vittoria. Non parto con l'idea che la vittoria possa essere una conseguenza prima ancora di iniziare.

ALISTAIR CASTAGNOLI: E in questo quanto è stato importante il tuo assistente, Massimo Spinacè, nel farti vedere le cose sotto luce diversa, magari più positiva, quando tu vedevi nero.

GIANLUCA ABIGNENTE: Massimo, come tutti gli assistenti che ho avuto, è stata una persona fondamentale. Ho sempre avuto la fortuna di avere delle persone affianco molto positive e anche capaci. Quindi avere lui, avere Marco Bertossi (trainer e massaggiatore, ndr.) vicino, con i quali si era creato un rapporto straordinario fu importantissimo.

CAPITOLO 4: SOGNI

ALISTAIR CASTAGNOLI: Come hai convinto le giocatrici a crederci, a credere che lo Scudetto si poteva vincere?

GIANLUCA ABIGNENTE: Qualcuna con le buone, qualcuna con le cattive (ride. Ndr.). E purtroppo erano molte di più quelle con le cattive che con le buone (ride ancora. Ndr.).
Però quello che forse ancora oggi mi dà la credibilità, è il fatto che credo di trasmettere che quello che faccio lo faccio prima per loro.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Spiegati.

GIANLUCA ABIGNENTE: Questa è una cosa che io dico spesso, le giocatrici sono delle persone che affidano a me i loro sogni. Se io non ho cura dei loro sogni loro se ne accorgono. Io ho sempre avuto cura dei sogni delle persone con cui ho lavorato e se una persona sogna e con i fatti dà seguito alle parole, non può che essere positivo il percorso.
Perché non è una questione di capacità. O meglio è in parte una questione di capacità. Ma con una visione reale si lavora e si ottiene sempre molto più di quanto si pensasse di poter ottenere.
E' successo con ragazze che magari non avrebbero mai pensato di calcare il parquet dell'A2, ma ci sono riuscite. Questo è dato dal loro sogno e dal mio prendermene cura. Lo faccio tutt'oggi e lo faccio perché è quello che voglio fare. Lo ritengo la cosa più naturale. Se una persona si mette nelle tue mani, non puoi non averne cura.

ALISTAIR CASTAGNOLI: (Sorrido. Ndr.) Questo è proprio parte di te, perché lo hai fatto anche con me, avendo cura dei miei sogni, come allenatore e preparatore, negli 8 anni in cui abbiamo lavorato insieme e per questo ti ringrazio.
Torniamo alla squadra.
Qual è il tuo concetto di squadra?

GIANLUCA ABIGNENTE: Il concetto di squadra è alla base di ogni singolo pensiero riguardante la pallacanestro per quanto mi riguarda. Oggi faccio cose che non avrei mai pensato dieci anni fa. Questo perché c'è una mia evoluzione ogni anno.
Io arrivo da Palmanova dove facevo minibasket e quindi non ho mai avuto occasione di sperimentare qualcosa che non sia stato personale. Tutto per me è stato un'acquisizione quotidiana in cui ho dovuto imparare sulla mia pelle, correggendo ciò che non funzionava.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Un esempio?

GIANLUCA ABIGNENTE: In A1 alleno delle straniere che devono fare 20 punti a partita e penso che il concetto di squadra sia lavorare anche per loro. C'è una squadra che lavora per il singolo. Ma poi è lo stesso singolo che è necessario alla squadra perché la squadra funzioni. Il singolo attira a se più attenzioni e qualcuna diventa libera per poter giocare. Magari questo è un concetto di squadra elaborato più professionalmente. Ma credo che rimanga comunque squadra.


CAPITOLO 5: FARSI IN QUATTRO

ALISTAIR CASTAGNOLI: La squadra che ha vinto lo Scudetto aveva una carta dei valori? Qualcosa di non scritto, magari solo accennato, che vi univa? A cui vi aggrappavate nei momenti di difficoltà?

GIANLUCA ABIGNENTE: Il valore che stava alla base era sicuramente il valore del lavoro. Mi viene in mente Erika (Striulli), mi viene in mente Marta Fiascaris, mi viene in mente Marta Franco. Mi vengono in mente tutte le ragazze pronte a farsi in quattro in campo perché era il loro modo di essere. E quindi non c'era sicuramente la stella, ma c'era un'armonia rispetto a quello che bisognava fare in campo e che coinvolgeva tutte. L'armonia del “qua ci si sbuccia le ginocchia e i gomiti”. Punto. Si corre. Si lotta su ogni singolo pallone. Ed era, credo, condiviso da tutte. Penso che fosse la cosa alla quale ci si attaccava

ALISTAIR CASTAGNOLI: E in cui vi identificavate.

GIANLUCA ABIGNENTE: Esatto era l'identità di quella squadra li. Cioè il fatto che in palestra si costruivano le vittorie. Si costruivano ad allenamento.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Quindi oltre che alle abilità tecniche e fisiche, contano anche le qualità morali, caratteriali ed emotive?

GIANLUCA ABIGNENTE: Sì. Forse fu anche relativamente semplice far leva su un gruppo che potenzialmente poteva avere l'ultima occasione della vita (il gruppo 90 era all'ultimo anno di giovanili, ndr.) per vincere lo scudetto. E che lo aveva mancato un paio di volte vivendo delle cocenti delusioni.
Quindi era l'ultimo ballo per molte di loro. (le ragazze all'ultimo anno delle giovanili che vinsero lo scudetto nel 2009 erano: Marta Fiascaris, Marta Franco, Martina Picotti, Erika Striulli)

ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti faccio una domanda di comunicazione. Tu parlavi al singolo o alla squadra? C'erano momenti in cui preferivi rivolgerti alla singola e momenti alla squadra?

GIANLUCA ABIGNENTE: Ho sempre parlato sia al singolo che alla squadra. Ma il singolo tendenzialmente era una cosa sul campo. Più legata a quello che era necessario facesse per essere più efficace in un determinato momento. Mentre alla squadra per quello che era necessario fare insieme, affinché funzionassero certe cose. Oggi, avessi queste conoscenze, quel gruppo lì probabilmente renderebbe il 30, 40% in più.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Come bilanciavi il rapporto tra le esigenze che aveva la singola giocatrice e la necessità che aveva la squadra di fare risultato durante quella stagione e le finali?

GIANLUCA ABIGNENTE: Non c'era una giocatrice che pensava di dover ottenere qualcosa per se. C'era solo un obiettivo. Lo Scudetto. E dietro di noi c'era un General Manager che organizzava tutto in maniera impeccabile.

CAPITOLO 6: ISOLAMENTO

ALISTAIR CASTAGNOLI: Esatto! Parliamo di Mario Graziutti. Il General Manager della società. Lui aveva idee ed era coraggioso. Era sempre pronto a fare da cuscinetto tra la squadra e il mondo esterno. Era sempre pronto a difendere il lavoro tuo e del tuo staff e non aveva paura di osare e di metterci la faccia. Quanto è stato determinante con la sua visione?

GIANLUCA ABIGNENTE: Molto! La scelta stessa di portare la squadra a Palmanova durante le finali secondo me fu una scelta molto lungimirante (la Finali Nazionali si tenevano a Udine, ndr.). Non c'erano distrazioni. Fu proprio una scelta fatta a priori per isolare la squadra e fare in modo che quella settimana fosse una settimana di ritiro quasi spirituale. Si arrivava a Udine per giocare le partite e si andava via. Quindi non c'era modo di distrarsi. Ma solo di rimanere concentrati.
Lo staff non ha mai dovuto pensare a questi tipi di gestione. C'è sempre stato un professionista che ci ha pensato per noi e che ci ha messo nella condizione migliore per rendere e dare tutto ciò che dovevamo dare in campo.

ALISTAIR CASTAGNOLI: A proposito di motivazione, come hai motivato le ragazze durante la stagione? Alcune di loro frequentavano la scuola superiore e si allenavano con la Serie A oltre che con l'Under 19. Per loro c'è stato un dispendio notevole di energie fisiche e mentali durante tutta la stagione. Era il traguardo, la posta in gioco che le ha motivate? O è servito qualcosa da parte vostra?

GIANLUCA ABIGNENTE: Secondo me la disciplina delle donne è superiore. Le donne sono superiori. La disciplina di una ragazza che fin dai 12,13 anni inizia a frequentare finali nazionali e raduni delle Nazionali, dopo 4 anni ha imparato che cosa significa la disciplina per raggiungere risultati. Quindi mi viene da dire che erano allenate anche a questo. E l'allenamento veniva dagli anni in cui avevano fatto doppi campionati, ritiri nazionali, studiate in furgone o la sera tardi. Stiamo parlando di persone che hanno fatto quello che hanno fatto e hanno ottenuto grandi risultati in campo e a scuola.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Hai un ricordo più bello di quella stagione?

GIANLUCA ABIGNENTE: Il ricordo è legato al viaggio che facemmo in furgone per spostarci dal palazzetto con la canzone “Ma il Cielo è Sempre Più Blu” di Rino Gaetano cantata a squarcia gola dalle ragazze e da mia figlia Anna che era con noi dentro il furgone e che lo ricorda ancora oggi.
Quello è un ricordo indelebile. Come un altro ricordo. Al locale “Ciò Che C'era” la canzone “We Are The Champions”. Poi ricordo i festeggiamenti.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Io ho avuto la fortuna di fare parte del tuo staff in quegli anni ed ho dei ricordi bellissimi sia professionali che umani con te, Massimo (Spinacè. Ndr.) e Marco (Bertossi. Ndr.). Per te com'è stato il rapporto con lo staff?

GIANLUCA ABIGNENTE: C'è stato un rapporto fantastico. Straordinario. Per tutto. Si viveva tantissime ore insieme. Anche dopo allenamento si cenava spessissimo insieme. C'era un cameratismo da caserma. Da ultimo anno delle superiori. C'era quella cosa li. Si viveva proprio da commilitoni, da liceali alla fine di un percorso. Eravamo veramente dei ragazzi che potevano essersi trovati in caserma o sui banchi di scuola e avevano instaurato quel rapporto che si crea proprio in gioventù. Quei rapporti che non si dimenticano per tutta la vita.

CONCLUSIONE: IL FUTURO

ALISTAIR CASTAGNOLI: Pensi di tornare ad allenare a Udine?

GIANLUCA ABIGNENTE: L'ambizione e la visione per il futuro è uguale a quella con la quale ho iniziato. Quindi devo essere molto onesto. Se ci sarà il momento in cui l'ambiente basket in generale decide che sono arrivato alla fine della mia carriera, la carriera finisce li.
Non voglio sminuire nessuno, ma semplicemente non credo di voler tornare indietro nel senso positivo del termine.
Infatti la mia intenzione è quella di pensare ad una ipotetica carriera che comprenda le coppe Europee. In Italia, anche se i gradini superiori a San Martino di Lupari (dove allena ora, ndr.) sono pochissimi; o all'estero.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Un ultima domanda: il tuo approccio al lavoro?

GIANLUCA ABIGNENTE: Qui a San Martino continuo a lavorare con lo stesso spirito di sempre. Quello di migliorarmi e di andare avanti. Ma sono onesto, per fare 8 anni sulla stessa panchina, sia a Udine che a San Martino – e ringrazio chi c'è stato prima e chi c'è adesso come mio capo –, bisogna avere tra virgolette la protezione dell'ambiente.
Bisogna che l'ambiente sia disponibile a chiudere gli occhi sui tuoi difetti. C'è poco da fare. E tu devi avere la responsabilità di lavorare su quei difetti per limarli e contemporaneamente elevare al massimo i lati positivi delle tua capacità. Perché se i difetti sono maggiori delle capacità, si va a casa.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Questo è il tuo modo di lavorare e di far lavorare chi lavora con te e chi alleni.

GIANLUCA ABIGNENTE: Questo è ciò che faccio tutti i giorni, tutti gli anni. Nessuna stagione io parto stanco, appagato, oppure penso che navigo a occhi chiusi perché tanto va bene e non importa. Anzi. La pressione per me è sempre di più. Perché non posso pensare che sarà uguale all'anno scorso. Non può essere uguale all'anno scorso. Deve essere diverso. Sarà migliore, sarà peggiore. Ma deve essere diverso. Non può essere uguale. Non esiste. Se no smettiamo di crescere di migliorarci di evolvere e credo che non sia parte di questa vita smettere di diventare migliori.



Lo Speciale per il decennale dello Scudetto 2009 continua!
Parte 3: le giocatrici, già pubblicato!

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