L'INTERVISTA
AL COACH DELLO SCUDETTO DI UDINE DEL 2009: GIANLUCA ABIGNENTE
di Alistair Castagnoli,
basketball coach, dottore in Scienze Motorie
PROLOGO: UN BREVE RIEPILOGO
DELLA STORIA
Lo ripeto: sabato 30 maggio 2009 –
13 anni fa – Udine, la squadra di basket Under 19 (14 ragazze nate nel
'90, '91 e '92) dello Sporting Club Udine (società di basket
femminile) allenata da Gianluca Abignente, vince lo Scudetto di
basket femminile e diventa Campione d'Italia.
Vince battendo in finale San Martino di Lupari 66-57, in una partita intensa ed emozionante.
Quella vittoria e lo scudetto furono la conclusione ideale di un lunghissimo viaggio iniziato dalla società del Presidente Grassi e del patron Giuseppe Patriarca nel 1997 con il Progetto Trudi.
Quella vittoria e lo scudetto furono la conclusione ideale di un lunghissimo viaggio iniziato dalla società del Presidente Grassi e del patron Giuseppe Patriarca nel 1997 con il Progetto Trudi.
Tanti i collaboratori
(chiedo scusa a chi dimentico), general manager (Angelo Conti,
Francesco Bianchini), allenatori (Maurizio Ivanchic – che portò la
società a giocarsi la Finale per la promozione in A1 – , Lucio
Pasqualini, Paola Cavallo, Andrea Zucca, Francesco Vignando, Achille
Milani, Claudio Luzzi Conti, Marco Bon), dirigenti (Roberto
Battistella; Giuseppe Tantillo), giocatrici (annate nate dall' '84
all' 87; e annate nate nell' '88 e '89 che lo scudetto lo hanno più
volte sfiorato) che nel corso degli anni hanno contribuito a formare
nelle giocatrici stesse mentalità e abilità necessarie a diventare
un punto di riferimento in Italia, in anni in cui il livello del
basket femminile e le competizioni erano molto elevati.
CAPITOLO 1: L'ARRIVO
Nel 2004, voluto
dall'allora GM Mario Graziutti, arriva in società un giovane
allenatore friulano pressoché sconosciuto che avrà la capacità e
la forza di far fare a Udine l'ultimo salto di qualità.
Gianluca Abignente.
Avevo conosciuto Gianluca
durante la stagione 2003/04 quando allenava in serie B a Codroipo.
Due cose mi avevano
colpito di lui: l'intensità di gioco e l'efficacia delle sue giocatrici.
Caratteristiche che lo avrebbero accompagnato durante tutta la sua
carriera.
L'incontro con Gianluca
avviene telefonicamente. La voce è sempre gioviale, cordiale e
capace di trasmettere amicizia ed entusiasmo. Le parole che usa sono precise e sa usarle in modo da lasciarti dentro qualcosa. Parla come allena: con
coraggio e con le idee chiare, per se e le sue giocatrici. Intervistarlo per me è
sia un piacere – essendo stato parte del suo staff durante gli anni
a Udine – che un dovere nei confronti della memoria verso tutte le
persone che a quello scudetto contribuirono. Prime tra tutte le
giocatrici.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Gianluca, dal 2012 alleni a San Martino di Lupari in A1, società
che, al tuo primo anno come capo allenatore, hai portato dalla Serie
A2 alla Serie A1. Dal 2013 al 2015 sei stato assistente della
Nazionale Maggiore Femminile. Nel 2017 ti viene assegnato il premio
come migliore allenatore di Serie A1 femminile.
La prima domanda che mi
viene da farti è se, e quanto, quello scudetto vinto nel 2009 ha
cambiato la tua carriera?
GIANLUCA ABIGNENTE: Più
che la carriera forse ha dato un senso a tutto il lavoro che veniva
fatto. Ha dato una prospettiva a quello che si poteva raggiungere con
una visione e programmazione a medio termine. Lo scudetto mi ha dato
l'opportunità di vedere ragazze che avevano iniziato il percorso da
quindicenni arrivare a 19 anni, quindi 4 anni dopo, ad essere
giocatrici capaci di vincere uno scudetto nazionale. Questa è la
prospettiva che mi ha dato.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Sei stato allo Sporting dal 2004 al 2012. Dopo il primo anno come
assistente in Serie A, dal 2005 diventi capo allenatore della Serie A
e dell'under 19. Otto anni in cui mattone per mattone hai costruito
la vittoria dello scudetto e hai formato decine di giocatrici che
hanno giocato nelle varie nazionali giovanili, nella Nazionale
maggiore e ancora giocano in serie A.
Quali sono state le tappe
più importanti di questo tuo viaggio allo Sporting Club Udine?
GIANLUCA ABIGNENTE: Fin
da subito abbiamo iniziato a scrivere un po' di storia. La squadra
veniva da due stagioni difficili in cui si era salvata ai play out.
Al mio primo anno come capo allenatore (il 2005, ndr.), con una
squadra in gran parte nuova e con tante ragazze giovani, riuscimmo a
posizionarci al sesto posto. L'anno dopo già riuscimmo a centrare i
play off che al tempo qualificavano 4 squadre su 16.
Ricordo che quei play off
li conquistammo con una squadra composta da 5 senior e 5 under 18.
Quindi già da subito compimmo, secondo me, un passo importantissimo
e lo vorrei ricordare perché con quelle 5 under lo stesso anno (il
2006, ndr.) disputammo la finale dello scudetto a Napoli contro la
squadra '88 di Treviso.
CAPITOLO 2: PIANGEVA PERCHE' NON VOLEVA TIRARE
ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti
interrompo. Facciamo il punto su cosa accadde in quegli anni con la
squadra Under 19 che con il tuo staff (assistente Massimo Spinacè;
massaggiatore Alberto Bertossi; preparatore Alistair Castagnoli)
allenavi insieme alla Serie A.
GIANLUCA ABIGNENTE: Nel
2005 raggiungemmo le finali, le mie prime finali nazionali, con
l''under 18 a Jesolo. All'Interzona ricordo perfettamente il tiro di
Sara Quaino che ballò sul ferro, rimbalzandoci sopra 3 volte, per
entrare a sirena suonata regalandoci le Finali Nazionali. Erano dei
concentramenti molto competitivi in cui si giocava due giorni e se
perdevi tornavi a casa. C'era un posto solo per quattro squadre. Il
primo giorno vincemmo contro Como. E il secondo giorno vincemmo
contro Pesaro, dell'attuale Valeria Battisodo, playmaker di Schio.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Vinceste grazie al tiro di una giocatrice a cui, secondo me, devi
molto.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Questo è un fatto che ancora ricordo e che ripeto tantissime volte
ai colloqui individuali che faccio. Vincemmo sulla sirena grazie ad
una ragazza che l'anno precedente al primo colloquio individuale mi
disse "Io voglio diventare una giocatrice". Però faceva un
po' di fatica a tirare. Tanta fatica. E ogni volta che le dicevo che
doveva tirare lei piangeva perché non voleva tirare.
Per questo lo racconto ai
colloqui individuali che faccio. Lo racconto alle ragazze che
giustamente, essendo molto giovani, non possono guardare al di là
del quotidiano, spiegandogli che se lo vogliono e se loro si mettono,
tra virgolette, nelle mie mani, il percorso è condiviso. Si fa una
strada insieme. E si arriva nonostante le evidenti difficoltà che
magari possono sorgere in corso d'opera. Ma alla fine i risultati
arrivano.
Quello fu il risultato di
una ragazza che l'anno prima non tirava mai, quell'anno faceva tanta
fatica ma che con il suo tiro mi portò alle prime finali nazionali a
Jesolo.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Questo nel 2005. Nel 2006 con l'Under 19 disputasti le Finali
Nazionali a Napoli.
GIANLUCA ABIGNENTE:
L'anno dopo appunto disputammo la finale per lo Scudetto contro
Treviso che poi era la nazionale italiana Under 19, perché
quell'estate 8 o 9 dodicesimi della nazionale Under 19 era formata da
giocatrici provenienti da quella squadra. Da Sottana a Zampieri, per
passare a Barisoni, Rossi e le altre.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Poi dopo un 2007 in cui ti occupi solo della Serie A, nel 2008
riprendi la squadra Under 19 e?
GIANLUCA ABIGNENTE: Nel
2008 mi ridanno la squadra e arriviamo terzi a Udine. E poi l'anno
dopo, nel 2009, primi.
Riassumendo arrivammo
sesti a Jesolo nel 2005. L'anno dopo secondi. Nel 2007 non allenai io
la squadra. Nel 2008 terzi. Nel 2009 primi.
Quindi direi che anche il
percorso giovanile fino a quel momento è stato straordinario.
CAPITOLO 3: QUANDO NON
PUOI SBAGLIARE
ALISTAIR CASTAGNOLI: Le
sconfitte alle precedenti edizioni delle Finali Nazionali, ce le hai
appena ricordate, in qualche modo vi hanno aiutato? Le hai usate a
tuo vantaggio per vincere quello scudetto?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Questa è una domanda molto difficile per me personalmente. Purtroppo
per me la sconfitta molto spesso continua ancora ad essere una cosa
negativa invece che essere quello che deve essere e cioè una cosa
positiva.
Il mio rapporto con la
sconfitta nell'immediato è proprio bruttissimo. Poi in realtà sul
lungo periodo la sconfitta è uno stimolo a metterci ancora di più,
ad impegnarsi di più in quello che è la comprensione di ciò che va
fatto per vincere. Quindi sì, mi hanno aiutato, ma ho bisogno di
metabolizzare.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Quanto è difficile vincere uno scudetto giovanile? O meglio quanto
era difficile quando dai concentramenti interzonali si qualificava
solo la prima squadra (su quattro) e le Finali Nazionali erano a 8
squadre. E la qualificazione alle semifinali se la guadagnavano solo
le migliori 4 di quelle 8 squadre.
GIANLUCA ABIGNENTE: Era
molto, molto difficile. Tanto è vero che quell'anno lo facemmo
letteralmente da assatanati, nel senso che anche nelle partite più
scontate la squadra esprimeva 40 minuti di pressing, spingendo la
palla per creare la mentalità che poi sarebbe servita per poter
arrivare fino in fondo. E direi che quello è stato un passaggio
molto importante. Anche alla luce dell'esordio alle Finali Nazionali
... (lo interrompo, ndr.)
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Hai anticipato la domanda. Se vuoi parlarne. Lunedì 25 maggio 2009
la squadra di Udine fa il suo esordio alle Finali Nazionali (che si
disputano a Udine). Il regolamento prevede due gironi all'italiana di
4 squadre l'uno, da cui si qualificano le prime 2 squadre di ogni
girone per le semifinali incrociate.
Il roster delle future Campionesse d'Italia, lo voglio
ricordare, è composto da: Erika Striulli, Martina Picotti, Marta
Franco, Marta Fiascaris, Anna Meroni, Maura Lei, Tayara Madonna, Valentina Molaro, Gaia Zussino, Lara Cavosi, Martina Beltrame e Giulia
Lazzaro (Marzia Casagrande siede in tribuna) .
La partita inizia,
prendete il controllo, ma poi arriva una sconfitta di 2 punti.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Quella sconfitta nacque da una mia lettura errata. Era una settimana
di maggio ma sembrava estate piena. Faceva un caldo incredibile e noi
giocavamo pressing 40 minuti. Nel quarto quarto, sul più 22, decisi
che era il momento di iniziare a far riposare il quintetto e inserì
le ragazze dalla panchina e quella partita la perdemmo contro l'
Athena Roma di Gaia Gorini (Ora in A1 alla Reyer Venezia, ndr.).
E rischiamo di rovinare il
percorso.
Ma da lì probabilmente
nacque la ferocia necessaria per affrontare le altre partite
durissime.
La seconda partita contro
Parma. La terza contro San Martino delle gemelle Dotto.
Giocammo con la
consapevolezza di non poter fallire e non fallimmo. (Udine perde la
prima gara del girone contro Athena Roma 55-57. Vince la seconda
contro Parma 106-65. Si qualifica per le semifinali nella terza gara
battendo San Martino di Lupari 66-57. Ndr.)
Dalla ferocia della
sconfitta, giunse la consapevolezza di poter arrivare fino in fondo.
L'errore ci costrinse a non poter più sbagliare.
ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti
ricordi cos'hai pensato subito dopo la sconfitta all'esordio?
E ti ricordi cos'hai detto
alla squadra per cambiare quella sconfitta in vittoria?
GIANLUCA ABIGNENTE: Non
ricordo. Spero di aver detto quello che c'era da dire. Era colpa mia.
La gestione sbagliata era mia. Non certo delle ragazze.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Quando hai capito che avreste potuto vincere lo scudetto quella
stagione?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Purtroppo tendo a vedere di più le problematiche delle parti
positive. Quindi probabilmente pensare di poter vincere lo scudetto
era un sogno. Io vado in campo e gioco per la vittoria. Non parto con
l'idea che la vittoria possa essere una conseguenza prima ancora di
iniziare.
ALISTAIR CASTAGNOLI: E
in questo quanto è stato importante il tuo assistente, Massimo
Spinacè, nel farti vedere le cose sotto luce diversa, magari più
positiva, quando tu vedevi nero.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Massimo, come tutti gli assistenti che ho avuto, è stata una persona
fondamentale. Ho sempre avuto la fortuna di avere delle persone
affianco molto positive e anche capaci. Quindi avere lui, avere Marco
Bertossi (trainer e massaggiatore, ndr.) vicino, con i quali si era
creato un rapporto straordinario fu importantissimo.
CAPITOLO 4: SOGNI
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Come hai convinto le giocatrici a crederci, a credere che lo Scudetto
si poteva vincere?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Qualcuna con le buone, qualcuna con le cattive (ride. Ndr.). E
purtroppo erano molte di più quelle con le cattive che con le buone
(ride ancora. Ndr.).
Però quello che forse
ancora oggi mi dà la credibilità, è il fatto che credo di
trasmettere che quello che faccio lo faccio prima per loro.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Spiegati.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Questa è una cosa che io dico spesso, le giocatrici sono delle
persone che affidano a me i loro sogni. Se io non ho cura dei loro
sogni loro se ne accorgono. Io ho sempre avuto cura dei sogni delle
persone con cui ho lavorato e se una persona sogna e con i fatti dà
seguito alle parole, non può che essere positivo il percorso.
Perché non è una
questione di capacità. O meglio è in parte una questione di
capacità. Ma con una visione reale si lavora e si ottiene sempre
molto più di quanto si pensasse di poter ottenere.
E' successo con ragazze
che magari non avrebbero mai pensato di calcare il parquet dell'A2,
ma ci sono riuscite. Questo è dato dal loro sogno e dal mio
prendermene cura. Lo faccio tutt'oggi e lo faccio perché è quello
che voglio fare. Lo ritengo la cosa più naturale. Se una persona si
mette nelle tue mani, non puoi non averne cura.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
(Sorrido. Ndr.) Questo è proprio parte di te, perché lo hai fatto
anche con me, avendo cura dei miei sogni, come allenatore e
preparatore, negli 8 anni in cui abbiamo lavorato insieme e per
questo ti ringrazio.
Torniamo alla squadra.
Qual è il tuo concetto di
squadra?
GIANLUCA ABIGNENTE: Il
concetto di squadra è alla base di ogni singolo pensiero riguardante
la pallacanestro per quanto mi riguarda. Oggi faccio cose che non
avrei mai pensato dieci anni fa. Questo perché c'è una mia
evoluzione ogni anno.
Io arrivo da Palmanova
dove facevo minibasket e quindi non ho mai avuto occasione di
sperimentare qualcosa che non sia stato personale. Tutto per me è
stato un'acquisizione quotidiana in cui ho dovuto imparare sulla mia
pelle, correggendo ciò che non funzionava.
ALISTAIR CASTAGNOLI: Un
esempio?
GIANLUCA ABIGNENTE: In
A1 alleno delle straniere che devono fare 20 punti a partita e penso
che il concetto di squadra sia lavorare anche per loro. C'è una
squadra che lavora per il singolo. Ma poi è lo stesso singolo che è
necessario alla squadra perché la squadra funzioni. Il singolo
attira a se più attenzioni e qualcuna diventa libera per poter
giocare. Magari questo è un concetto di squadra elaborato più
professionalmente. Ma credo che rimanga comunque squadra.
CAPITOLO 5: FARSI IN QUATTRO
ALISTAIR CASTAGNOLI: La
squadra che ha vinto lo Scudetto aveva una carta dei valori? Qualcosa
di non scritto, magari solo accennato, che vi univa? A cui vi
aggrappavate nei momenti di difficoltà?
GIANLUCA ABIGNENTE: Il
valore che stava alla base era sicuramente il valore del lavoro. Mi
viene in mente Erika (Striulli), mi viene in mente Marta Fiascaris,
mi viene in mente Marta Franco. Mi vengono in mente tutte le ragazze
pronte a farsi in quattro in campo perché era il loro modo di
essere. E quindi non c'era sicuramente la stella, ma c'era un'armonia
rispetto a quello che bisognava fare in campo e che coinvolgeva
tutte. L'armonia del “qua ci si sbuccia le ginocchia e i gomiti”.
Punto. Si corre. Si lotta su ogni singolo pallone. Ed era, credo,
condiviso da tutte. Penso che fosse la cosa alla quale ci si
attaccava
ALISTAIR CASTAGNOLI: E
in cui vi identificavate.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Esatto era l'identità di quella squadra li. Cioè il fatto che in
palestra si costruivano le vittorie. Si costruivano ad allenamento.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Quindi oltre che alle abilità tecniche e fisiche, contano anche le
qualità morali, caratteriali ed emotive?
GIANLUCA ABIGNENTE: Sì.
Forse fu anche relativamente semplice far leva su un gruppo che
potenzialmente poteva avere l'ultima occasione della vita (il gruppo
90 era all'ultimo anno di giovanili, ndr.) per vincere lo scudetto. E
che lo aveva mancato un paio di volte vivendo delle cocenti
delusioni.
Quindi era l'ultimo ballo
per molte di loro. (le ragazze all'ultimo anno delle giovanili che
vinsero lo scudetto nel 2009 erano: Marta Fiascaris, Marta Franco,
Martina Picotti, Erika Striulli)
ALISTAIR CASTAGNOLI: Ti
faccio una domanda di comunicazione. Tu parlavi al singolo o alla
squadra? C'erano momenti in cui preferivi rivolgerti alla singola e
momenti alla squadra?
GIANLUCA ABIGNENTE: Ho
sempre parlato sia al singolo che alla squadra. Ma il singolo
tendenzialmente era una cosa sul campo. Più legata a quello che era
necessario facesse per essere più efficace in un determinato
momento. Mentre alla squadra per quello che era necessario fare
insieme, affinché funzionassero certe cose. Oggi, avessi queste
conoscenze, quel gruppo lì probabilmente renderebbe il 30, 40% in
più.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Come bilanciavi il rapporto tra le esigenze che aveva la singola
giocatrice e la necessità che aveva la squadra di fare risultato
durante quella stagione e le finali?
GIANLUCA ABIGNENTE: Non
c'era una giocatrice che pensava di dover ottenere qualcosa per se.
C'era solo un obiettivo. Lo Scudetto. E dietro di noi c'era un
General Manager che organizzava tutto in maniera impeccabile.
CAPITOLO 6: ISOLAMENTO
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Esatto! Parliamo di Mario Graziutti. Il General Manager della
società. Lui aveva idee ed era coraggioso. Era sempre pronto a fare
da cuscinetto tra la squadra e il mondo esterno. Era sempre pronto a
difendere il lavoro tuo e del tuo staff e non aveva paura di osare e
di metterci la faccia. Quanto è stato determinante con la sua
visione?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Molto! La scelta stessa di portare la squadra a Palmanova durante le
finali secondo me fu una scelta molto lungimirante (la Finali
Nazionali si tenevano a Udine, ndr.). Non c'erano distrazioni. Fu
proprio una scelta fatta a priori per isolare la squadra e fare in
modo che quella settimana fosse una settimana di ritiro quasi
spirituale. Si arrivava a Udine per giocare le partite e si andava
via. Quindi non c'era modo di distrarsi. Ma solo di rimanere
concentrati.
Lo staff non ha mai dovuto
pensare a questi tipi di gestione. C'è sempre stato un
professionista che ci ha pensato per noi e che ci ha messo nella
condizione migliore per rendere e dare tutto ciò che dovevamo dare
in campo.
ALISTAIR CASTAGNOLI: A
proposito di motivazione, come hai motivato le ragazze durante la
stagione? Alcune di loro frequentavano la scuola superiore e si
allenavano con la Serie A oltre che con l'Under 19. Per loro c'è
stato un dispendio notevole di energie fisiche e mentali durante
tutta la stagione. Era il traguardo, la posta in gioco che le ha
motivate? O è servito qualcosa da parte vostra?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Secondo me la disciplina delle donne è superiore. Le donne sono
superiori. La disciplina di una ragazza che fin dai 12,13 anni inizia
a frequentare finali nazionali e raduni delle Nazionali, dopo 4 anni
ha imparato che cosa significa la disciplina per raggiungere
risultati. Quindi mi viene da dire che erano allenate anche a questo.
E l'allenamento veniva dagli anni in cui avevano fatto doppi
campionati, ritiri nazionali, studiate in furgone o la sera tardi.
Stiamo parlando di persone che hanno fatto quello che hanno fatto e
hanno ottenuto grandi risultati in campo e a scuola.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Hai un ricordo più bello di quella stagione?
GIANLUCA ABIGNENTE: Il
ricordo è legato al viaggio che facemmo in furgone per spostarci dal
palazzetto con la canzone “Ma il Cielo è Sempre Più Blu” di
Rino Gaetano cantata a squarcia gola dalle ragazze e da mia figlia
Anna che era con noi dentro il furgone e che lo ricorda ancora oggi.
Quello è un ricordo
indelebile. Come un altro ricordo. Al locale “Ciò Che C'era” la
canzone “We Are The Champions”. Poi ricordo i festeggiamenti.
ALISTAIR CASTAGNOLI: Io
ho avuto la fortuna di fare parte del tuo staff in quegli anni ed ho
dei ricordi bellissimi sia professionali che umani con te, Massimo
(Spinacè. Ndr.) e Marco (Bertossi. Ndr.). Per te com'è stato il
rapporto con lo staff?
GIANLUCA ABIGNENTE: C'è
stato un rapporto fantastico. Straordinario. Per tutto. Si viveva
tantissime ore insieme. Anche dopo allenamento si cenava spessissimo
insieme. C'era un cameratismo da caserma. Da ultimo anno delle
superiori. C'era quella cosa li. Si viveva proprio da commilitoni, da
liceali alla fine di un percorso. Eravamo veramente dei ragazzi che
potevano essersi trovati in caserma o sui banchi di scuola e avevano
instaurato quel rapporto che si crea proprio in gioventù. Quei
rapporti che non si dimenticano per tutta la vita.
CONCLUSIONE: IL FUTURO
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Pensi di tornare ad allenare a Udine?
GIANLUCA ABIGNENTE:
L'ambizione e la visione per il futuro è uguale a quella con la
quale ho iniziato. Quindi devo essere molto onesto. Se ci sarà il
momento in cui l'ambiente basket in generale decide che sono arrivato
alla fine della mia carriera, la carriera finisce li.
Non voglio sminuire
nessuno, ma semplicemente non credo di voler tornare indietro nel
senso positivo del termine.
Infatti la mia intenzione
è quella di pensare ad una ipotetica carriera che comprenda le coppe
Europee. In Italia, anche se i gradini superiori a San Martino di
Lupari (dove allena ora, ndr.) sono pochissimi; o all'estero.
ALISTAIR CASTAGNOLI: Un
ultima domanda: il tuo approccio al lavoro?
GIANLUCA ABIGNENTE:
Qui a San Martino continuo a lavorare con lo stesso spirito di
sempre. Quello di migliorarmi e di andare avanti. Ma sono onesto,
per fare 8 anni sulla stessa panchina, sia a Udine che a San Martino
– e ringrazio chi c'è stato prima e chi c'è adesso come mio capo
–, bisogna avere tra virgolette la protezione dell'ambiente.
Bisogna che l'ambiente sia
disponibile a chiudere gli occhi sui tuoi difetti. C'è poco da fare.
E tu devi avere la responsabilità di lavorare su quei difetti per
limarli e contemporaneamente elevare al massimo i lati positivi delle
tua capacità. Perché se i difetti sono maggiori delle capacità, si
va a casa.
ALISTAIR CASTAGNOLI:
Questo è il tuo modo di lavorare e di far lavorare chi lavora con te
e chi alleni.
GIANLUCA ABIGNENTE:
Questo è ciò che faccio tutti i giorni, tutti gli anni. Nessuna
stagione io parto stanco, appagato, oppure penso che navigo a occhi
chiusi perché tanto va bene e non importa. Anzi. La pressione per
me è sempre di più. Perché non posso pensare che sarà uguale
all'anno scorso. Non può essere uguale all'anno scorso. Deve essere
diverso. Sarà migliore, sarà peggiore. Ma deve essere diverso. Non
può essere uguale. Non esiste. Se no smettiamo di crescere di
migliorarci di evolvere e credo che non sia parte di questa vita
smettere di diventare migliori.
Credits Foto: in attesa
Torna alla home page del blog
Torna alla home page dello Speciale Scudetto
Lo Speciale per il
decennale dello Scudetto 2009 continua!
Parte 3: le giocatrici, già pubblicato!Credits Foto: in attesa
Torna alla home page del blog
Torna alla home page dello Speciale Scudetto
Nessun commento:
Posta un commento