L'INTERVISTA
ALL'ASSISTENTE ALLENATORE DELLO SCUDETTO DI UDINE DEL 2009: MASSIMO
SPINACE'
di Alistair
Castagnoli, basketball coach, dottore in Scienze Motorie
Massimo Spinacè mi riceve a casa sua con il sorriso accogliente che
conosco bene e che mi rammenta tutti gli anni trascorsi insieme allo
Sporting Club Udine. La sua casa rispecchia il suo carattere:
luminosa e genuina. Ci sediamo e ci immergiamo insieme nei ricordi di
quella cavalcata che è terminata con lo Scudetto Under 19 del 2009.
ALISTAIR CASTAGNOLI: Massimo tu hai iniziato allo Sporting Club Udine nel …?
MASSIMO
SPINACE': Nel 2004, dopo 2 anni a Pozzuolo e uno al'FBF. Il mio
primo incarico è come assistente di Francesco Vignando del gruppo
90, lo stesso gruppo che ha poi formato l'ossatura delle Serie A e
dell'Under 19 di Gianluca Abignente. L'anno seguente, divento
allenatore del gruppo '93 e assistente di Larry (Gianluca Abignente,
ndr.) in A2 e dell'Under 19, due squadre che hanno sempre viaggiato
su un percorso tecnico parallelo.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Quando sei arrivato cos'hai percepito? Si respirava
un'aria diversa dalle altre società?
MASSIMO
SPINACE': Era praticamente una società semi professionistica. Io
venivo da realtà molto diverse avendo allenato solo squadre
giovanili in provincia. Li si iniziava a percepire che c'era una
società organizzata e professionale. Dal minibasket fino alla serie
A.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: E ti sei trovato subito a tuo agio. Lo so perché
ricordo un aneddoto durante il tuo primo ritiro a Forni di Sopra
(dove le squadre giovanili e la Serie A si allenavano a fine agosto
per una settimana, ndr.): a cena dicesti che ti saresti dato tre anni
per diventare un allenatore professionista. Te lo ricordi?
MASSIMO
SPINACE': Sì
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Quindi ci sei riuscito?
MASSIMO
SPINACE': No! (Ride, ndr.) Non ci sono riuscito. Ma credo in
parte per una mia scelta. Alla fine i margini c'erano.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Te lo confermo. Ed infatti dopo aver fatto
l'assistente di Abignente in A2 e aver vinto lo scudetto, sei
diventato capo allenatore di Palmanova del Presidente Marco
Bruseschi, che era la società gemella di Udine in quegli anni.
MASSIMO
SPINACE': Sì, ho allenato la prima squadra che disputava il
campionato di B d' Eccellenza. Nonostante fosse la mia prima
esperienza da capo allenatore di un gruppo senior, dal punto di vista
tecnico e sportivo è stata una stagione buona. Abbiamo centrato i
playoff con grande soddisfazione, perdendo purtroppo contro Muggia.
Peccato che
poi la società abbia cambiato i suoi progetti.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Parliamo della squadra Under 19 che ha vinto lo
scudetto nel 2009.
Ricordi?
Aneddoti?
MASSIMO
SPINACE': Tanti. Il ricordo più significativo sono le riunioni
tecniche a casa di Larry. O meglio le sessioni video sul pavimento
del soggiorno di casa sua. Momenti che mi hanno arricchito e
insegnato molto. Durante le finali nazionali le ragazze alloggiavano
in un albergo a Palmanova, Larry abitava a Palmanova, io a Udine.
Prendevo l'auto e andavo a Palmanova perché potessimo essere
preparati al meglio.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: In poche parole, se possibile, come avete fatto a
vincere lo scudetto?
MASSIMO
SPINACE': Quell'estate, all'inizio della stagione, Larry ed io
eravamo al quarto anno assieme ed avevamo perfezionato ulteriormente
i meccanismi della serie A. L'obiettivo principale di un capo
allenatore è sempre quello di fare bene con la prima squadra.
Però, in
cuor nostro, avevamo l'idea che per la giovanile potesse essere
l'anno buono. Perché comunque venivamo da un terzo posto l'anno
precedente. E quindi sapevamo che c'era l'opportunità di fare bene.
Sapevamo anche che le variabili sono infinite durante una stagione.
Ma strada facendo è accaduto qualcosa che gli altri anni non era mai
accaduto: ci siamo resi conto che l'Under 19 diventava sempre più
competitiva e sempre più quadrata nonostante il grande impegno delle
ragazze Under con la Serie A. Si tenga presente che il loro
coinvolgimento era sempre più ampio perché erano ormai grandi e
avevano maturato esperienza. Il gruppo 90 era stabilmente in serie A
dalla quinta alla nona giocatrice. Anche se poteva essere pesante per
loro giocare la domenica a Broni o Carugate, a 3, 4 ore di distanza,
e il lunedì magari andare con l'Uder 19 a fare una trasferta a
Trieste, la loro competitività aumentava.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Parliamo proprio di queste difficoltà. Come le avete
superate? La stagione è stata lunga: fase regionale, fase
interzonale in cui su 4 squadre si qualificava solo la prima e le
Finali Nazionali a 8 squadre. Con le ragazze che dovevano studiare e
giocare anche in serie A minuti importanti.
MASSIMO
SPINACE': Abbiamo cercato di essere sempre il più coerenti
possibile nel dare estrema importanza a tutto quello che facevano.
Anche quando giocavamo contro una squadra tecnicamente meno
preparata, si cercava sempre di spingere le ragazze a dare il massimo
perché si abituassero a stare sotto pressione. Onde evitare che
anche il minimo calo di tensione facesse sì che alle partite
successive fossero progressivamente sempre meno concentrate.
Quindi,
quando andavamo a giocare contro squadre meno competitive di noi, la
richiesta era che l'impegno fosse massimo e che il punteggio fosse
una fotografia reale della differenza tecnica.
Una cosa che
mi piaceva di Larry era che lui riusciva a dare dei singoli obiettivi
durante le varie fasi di gioco. Per esempio chiedeva che in un quarto
gli avversari non prendessero più di 3 rimbalzi in attacco
indipendentemente dal punteggio. Dava degli obiettivi in ogni
momento della gara per stimolare sempre le ragazze. Questa è una
cosa che poi ho usato anche io, perché ci siamo resi conto che
funzionava.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Larry ha usato 4 parole per descrivere la squadra e
la stagione: ferocia, consapevolezza, cultura del lavoro e
disciplina. Le condividi?
MASSIMO
SPINACE': Sì. La consapevolezza si è creata partita dopo
partita, nonostante non fosse facile incastrare gli allenamenti
dell'Under 19 con quelli della serie A. Ma noi ripetevamo sempre alle
giocatrici che ci allenavamo per portare a casa lo scudetto. La
disciplina apparteneva a tutte quelle ragazze. Ragazze che saltavano
le gite scolastiche di quarta e quinta superiore per giocare una
partita di campionato Under 19. Direi che questo fa capire che
dedizione e disciplina possedessero.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Mi voglio soffermare su due di questi termini:
cultura del lavoro e disciplina. Due aspetti che negli ultimi 10 anni
ho visto progressivamente sfumare dai principi che vedo insegnare nel
mondo del basket femminile. O meglio ne parlano, ma da un punto di
vista pratico constato lacune e contraddizioni. Secondo me sono due
principi fondamentali che un allenatore deve trasmettere quando
allena. Sei d'accordo?
MASSIMO
SPINACE': Io in questi anni ho continuato ad allenare e mi sono
spostato verso l'attività maschile. Cultura del lavoro e disciplina
io li porto avanti, ma trasmetterli è forse la parte più difficile
quando lavori in palestra con dei ragazzi molto giovani.
Quando
allenavo nel femminile, 10 anni fa, le ragazze non vedevano tanta
pallacanestro. In televisione ne trasmettevano pochissima e non
c'erano gli smartphone con l'accesso a internet come ora.
Toccava a
noi allenatori fargli vedere cosa fosse la pallacanestro. Dovevi
mostrare, spiegare, dovevi rubare la loro attenzione facendogli
vedere un gesto che poi loro iniziavano a copiare facendolo proprio
con tutte le sfaccettature del caso. Questa attenzione, secondo me,
creava in loro anche disciplina e voglia di lavorare sodo. Adesso c'è
il problema opposto.
Questi
ragazzini vedono tanta pallacanestro tutti i giorni, in tutte le
forme varie ed avariate. Sviluppano una propria consapevolezza che
spesso è superiore persino a quella di molti allenatori. Così
pensano che l'allenatore sia lì solo per dirgli cosa fare e non per
insegnargli a giocare a pallacanestro. Perché pensano che giocare a
pallacanestro sia guardare la partita NBA o Eurolega dove tutto
avviene in modo facile. Ma ai professionisti viene, tra virgolette,
tutto facile perché si sono allenati decine di migliaia di ore.
Oltre a
questo ho notato che le ultime generazioni hanno una capacità di
attenzione notevolmente ridotta.
Ti faccio un
esempio. Le sedute di allenamento della Serie A e Under 19 duravano 2
ore e spesso anche 2 ore e mezza. In cui l'ultima mezz'ora era
dedicata al tiro individuale o situazioni meno dinamiche in cui
potevi lavorare da stanco sui dettagli.
Adesso
lavorare in palestra per più di un'ora e mezza è impensabile.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Torniamo alla squadra che ha vinto lo scudetto. Com'è
vincere uno scudetto? Cosa provi? Cosa ti lascia dopo?
MASSIMO
SPINACE': E' difficile dirlo perché non te ne rendi conto
subito. Giochi la finale. Giochi punto a punto. La vinci perché per
determinate situazioni riesci a prendere 4, 5, 6 punti di vantaggio.
Un canestro
entra invece che uscire. Un'avversaria si palleggia su un piede. E
magari quando mancano 40 secondi guardi il punteggio e vedi che siamo
a più 6 e realizzi che non ti possono più prendere.
E quasi te
la fai addosso (ride, ndr.). Perché dici “Cavolo è finita!”. E
ti guardi indietro.
Sei partito
ad agosto e il 30 maggio è successo! E ci sono alcuni pensieri che
magari ti ritornano in mente, alcuni momenti di quei mesi e ti dici:
cacchio! Ce l'abbiamo fatta veramente!
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Te la sei goduta questa vittoria nei giorni
successivi?
MASSIMO
SPINACE': Me la sono goduta? Ti dirò la verità eravamo troppo
stanchi anche mentalmente. Sapevamo che la società non
stava affrontando un periodo facile. Lo scudetto infatti è arrivato
quasi a chiudere un ciclo ideale iniziato dalla società anni prima.
Ma nei giorni successivi me la sono goduta eccome! Però a fine
partita eravamo veramente stanchi. Infatti uno dei primi pensieri che
mi è vento in mente i giorni dopo è stato che penso non riuscirò
mai più con una squadra giovanile a vincere uno Scudetto. E se
dovesse accadere sarebbe perché tantissime variabili sono andate a
posto.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Rispetto alle altre versioni dell'Under 19 che non
erano riuscite a vincere lo scudetto nel 2005, 2006, 2007 (anche se
in quell'edizione in panchina non c'eravate tu e Gianluca Abignente)
e 2008, questa cosa aveva di diverso?
MASSIMO
SPINACE': Secondo me questa era più incazzata delle altre.
Perché era formata da un gruppo sul quale la società storicamente
aveva creato grossissime aspettative, ma che aveva preso ogni volta
delle sonore bastonate. Finali e interzone perse su perse. Per loro
era l'ultima occasione. Secondo me avevano un'incazzatura interna
trasformata in fame agonistica che gli ha fatto fare il salto che era
mancato prima. Questo gli ha probabilmente dato una intensità
mentale che prima non avevano.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Ricordi l'esordio in casa? Una sconfitta contro
l'Athena Roma di Gaia Gorini? A inizio terzo quarto eravate a + 13,
poi la sconfitta di 2 punti. Cos'è successo?
MASSIMO
SPINACE': E' successo che questa incazzatura ha avuto effetti
negativi invece che positivi. La pressione era talmente tanta, in un
Benedetti così pieno che io non lo dimenticherò mai.
Anche perché
il Benedetti è un palazzetto che fa sì che se sei nel pubblico si
senta cosa dice l'allenatore e cosa dice la panchina. Si sente tutto.
E tu dalla panchina e dal campo senti il pubblico. Lo senti lì in
campo con te. Questo aumenta la pressione e l'ha aumentata nelle
ragazze.
Quindi,
giocavamo in casa, in un palazzetto che frequentiamo da sempre, ma ci
vai a giocare la finale e trovarlo così pieno, ha creato una
pressione totale che ha trasformato la nostra energia positiva in
negativa.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Ciononostante il giorno dopo vi giocate la partita
“dentro o fuori” contro Parma di Narviciute. Partita “dentro o
fuori” perché nei due gironi formati da quattro squadre, passavano
solo le prime due squadre di ogni girone. Con due sconfitte sareste
andati a casa. E voi lo sapevate.
Come siete
riusciti a trasformare la sconfitta di poche ore prima in una
vittoria di 41 punti? Avete giocato una partita in cui avete dominato
mentalmente e fisicamente Parma. Come avete fatto dopo nemmeno 24
ore? Questa domanda l'ho fatta anche a Larry, ti avviso.
MASSIMO
SPINACE': (Ride, ndr.) Prima cosa: Larry ed io non abbiamo
dormito quella notte. Le ragazze non so quanto avessero dormito. La
scelta di andare a dormire a Palmanova in ritiro era voluta proprio
per situazioni come questa. Magari sembrava assurdo: giocavamo in
casa e chi ce lo faceva fare di andare a Palmanova dopo ogni partita?
Invece quella è stata una delle chiavi secondo me.
Anche per
responsabilizzare le ragazze. Il messaggio era: guarda cosa sta
facendo per te, per voi ragazze, la società. Sta facendo tutto per farvi
vincere lo scudetto. E tu, giocatrice, non devi neanche pensare a
farti il letto o cosa mangiare. Quindi la società le aveva messe
nelle condizioni migliori trattandole da professioniste. Alla lunga
questo ha sicuramente pagato.
In quel caso
succede che perdi, ma ti svegli il giorno dopo e trovi già lo staff
che ti aspetta. Io ero arrivato a Palmanova (dormivo a Udine) ore
prima e mi ero già incontrato con Larry per preparare le giornata.
Così iniziamo a parlare con le ragazze. Prendiamo il pullman,
veniamo a Udine a fare un'ora di tiro. Pranziamo assieme. E gestiamo
tutto come una vera squadra professionistica. Probabilmente alla
lunga questo ha cambiato la squadra.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Lavorare con Gianluca Abignente cos'è stato per
Massimo Spinacè uomo, e Massimo Spinacè allenatore? Tu sei quello
che probabilmente ha conosciuto Larry meglio o comunque più da
vicino.
MASSIMO
SPINACE': Sono quello che gli è stato affianco e che ha lavorato
con lui nel momento in cui è diventato un allenatore professionista.
Mi sento di
aver contribuito nonostante tutti i miei limiti, ero comunque un
ragazzo di 25 anni, alle sue prime esperienze da allenatore e a farlo
diventare un allenatore professionista.
E io, grazie
a lui, ho sicuramente capito, dal punto di vista umano e sportivo,
cosa vuol dire gestire un gruppo. Cosa vuol dire avere come priorità
la gestione di un gruppo, delle persone. Ancor prima della gestione
tecnica. Sulla quale lui non ha da invidiare niente a nessuno. Ha
delle capacità indiscutibili.
Ma a livello
di gestione del gruppo, in quegli anni, secondo me Larry era
insuperabile ed era avanti.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Concordo. Era avanti anni luce! E come uomo? Lui è
un professionista ma è anche una persona di spessore, secondo me.
MASSIMO
SPINACE': Lui mi diceva sempre: ti vedo più di mia moglie, ti
sento più di mia moglie. Ci allenavamo ogni giorno. E se non ci
allenavamo facevamo video o andavamo a giocare o a vedere una partita
da qualche parte. Eravamo praticamente come fratelli. Per quattro
anni. E il suo modo di interpretare tutto questo è sempre stato come
quello di creare una famiglia all'interno di un contesto che lui
definiva non “professionista” ma “il più professionale
possibile”. Secondo me questo è quello che lo distingueva da tanti
altri e che mi ha lasciato.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Parliamo dello staff che comprendeva anche Marco
Bertossi come massaggiatore e me come preparatore fisico. Cosa
funzionava? Cosa faceva la differenza?
MASSIMO SPINACE': ... (Ci pensa su, ndr.)
ALISTAIR CASTAGNOLI: Mi spiego meglio: Marco si occupava del recupero degli infortuni, trattamenti, terapie e altro. Io mi occupavo della ri-atletizzazione e della preparazione specifica delle giocatrici. E poi tu e Larry vi occupavate della parte mentale, fisica, tecnica, tattica.
Marco ed io
ci trovavamo spesso in mezzo tra la necessità della Serie A di avere
una ragazza pronta (magari dopo un infortunio) il prima possibile e i
tempi individuali che ogni essere vivente necessita quando si allena.
Tu trovavi sempre il modo per metterci nelle condizioni migliori per
fare il nostro lavoro e trovavi il modo giusto di fare da cuscinetto
tra noi e te e Larry, facendoci incontrare nel punto ottimale per la
salute fisica ed emotiva della ragazza.
Il fatto che
le ragazze arrivassero pronte non era quindi solo un merito di Marco
e mio. Era anche tuo e di Larry. Sembra banale, ma era davvero un
lavoro di uno staff che trovava il modo di far conciliare l'esigenza
dei recuperi delle ragazze con quello di fare risultato della Serie
A.
E non è una
cosa da poco.
Come lo
facevamo funzionare?
MASSIMO
SPINACE': Partiamo da una certezza. Secondo me, e vorrei che tu
lo riportassi questo, non credo ci sia qualcuno più bravo di te a
fare i lavori di recupero funzionale. (Sorrido, ndr.)
Il nostro
lavoro come staff penso sia stato il frutto di 4 anni di lavoro
insieme.
A livello
umano cosa ci permetteva di rendere così tanto come staff?
Secondo me
lo staff funzionava perché eravamo quattro persone molto diverse. E
riuscivamo ad incastrarci. Larry era l'incazzoso del gruppo perché,
come sottolineava sempre, sarebbe stato lui il primo a pagare in caso
di fallimenti. Io ero quello più vicino a lui, ma ero anche quello
opposto a lui. Ero pacato, cercavo di mettere calma. L'agitazione la
metteva lui. Io mettevo calma. Marco era quello più sopra le righe,
capace di prendere ogni cosa con grande filosofia. E tu eri quello
più dentro le righe che a volte faceva le cose anche con troppa
prudenza. Tutto questo incastro funzionava perfettamente.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Parlando di recuperi ed infortuni, magari uno
dall'esterno pensava che l'Under 19 fosse arrivata alle Finali senza
aver subito infortuni durante le stagione. Non è così. Chi le
vedeva giocare le vedeva a posto. Ma non erano a posto in senso
assoluto. Erano a posto per poter giocare.
MASSIMO
SPINACE': La pallacanestro è uno sport traumatico. Pensare di
arrivare sane a fine maggio quando avevi cominciato a metà agosto è
utopia. Oltretutto facendo due o tre partite a settimana con
allenamenti ogni giorno e sala pesi due o tre volte la settimana,
aggiungendoci lo stress scolastico, aggiungendoci lo stress familiare
e personale anche perché sono adolescenti, come puoi pensare di
arrivare sano? Devi arrivare pronto.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Esatto. Sono due concetti diversi. E c'è da dire che
alle Finali nazionali il nostro gruppo era completo e pronto. Guarda
Como. Intervistato dalla FIP, il coach Walter Montini dichiarò:
“Abbiamo avuto qualche problema di infortuni, come quello di
Forgione che si è operata alla caviglia. Per questo ci presentiamo
alla Finale con qualche punto interrogativo in panchina e in una
competizione concentrata come questa la panchina è importante
davvero. Abbiamo ambizioni di titolo ma speriamo di non essere
condizionati dagli infortuni”. (in
http://www.fip.it/giovanile/DocumentoDett.asp?IDDocumento=9176)
Invece Como
in quelle Finali pagò gli infortuni. Alla nostra squadra non
accadde. Arrivaste con tutte le giocatrici in grado di giocare e di
rendere. E di giocare per 40 minuti, un gioco fatto di pressione
continua e che era dispendioso fisicamente e mentalmente.
MASSIMO
SPINACE': Cosa che io non sono mai più riuscito a fare in nessun
altro contesto.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Ma lì probabilmente i 4 anni insieme vi hanno
aiutato.
MASSIMO
SPINACE': Sì, ci hanno aiutato e mi riallaccio a quanto ho detto
all'inizio. Noi durante la stagione, anche se eravamo sopra di molti
punti non mollavamo mai. Quel tipo di mentalità non la crei in una
stagione o alle finali. La crei in più stagioni. Credo che nel breve
sia impossibile creare quel tipo di mentalità. In quei quattro anni
ci siamo riusciti.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Oltre allo staff ricordiamo il lavoro determinante
del General Manager Mario Graziutti. Un uomo che ci teneva a lavorare non solo con
le migliori persone, ma con il miglior staff possibile. Da qui il suo
progetto di inviare noi membri dello staff come osservatori a varie
finali nazionali in Italia e campionati europei in Europa per
maturare esperienze e a conoscere altre realtà.
E' servito?
MASSIMO
SPINACE': Tantissimo. Era un suo pallino. Dovevamo conoscere le
altre realtà. Io mi ricordo che con te siamo andati a vedere gli
Europei due volte. E con lui ho partecipato a diversi raduni delle
Nazionali giovanili e Senior. Magari c'era soltanto una nostra
giocatrice convocata e noi andavamo tre giorni a vedere il raduno. A
vedere, a capire come lavoravano le Nazionali. Per comprendere come
gestivano. Guardare e imparare. Quella volta, come ho detto prima,
non c'era YouTube, non c'era la copertura televisiva come ora. Dovevi
muoverti. Mario è un uomo di pallacanestro vecchia scuola per valori
e di nuova scuola per competenze perché ha sempre saputo
aggiornarsi, pur mantenendo i principi di una volta: vedere con gli
occhi, sentire, provare. Vedere anche per esempio dove alloggiavano,
cosa gli davano da mangiare. Per confrontarsi.
Lui studiava
tutti questi dettagli e ne traeva idee da usare in società.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Due parole su Roberto Battistella, vostro dirigente
accompagnatore nelle Finali e che a me piace definire l'allenatore
degli allenatori. Perché lui, in tutti quegli anni, ha sempre avuto
un occhio, una parola, un consiglio per noi tutti.
MASSIMO
SPINACE': Io ho cominciato ad allenare femminile in una costola
delle Sporting Club: la società FBF di cui Roberto era presidente e,
pensa, lui mi faceva da assistente con grande umiltà e pazienza. Io
avevo 22 anni e Roberto veniva in palestra in tuta a farmi da
assistente e si arrabbiava con me perché non ero abbastanza deciso
nei confronti delle ragazze: ragazze che avevano poco più di 14 anni
allora! (ride, ndr.) Lui mi esortava a spronarle e tenerle sempre
sotto pressione se non c'era abbastanza attenzione.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Lo Scudetto è stato un traguardo che ha contribuito
alla tua carriera?
MASSIMO
SPINACE': Penso di sì.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Tu dopo hai...?
MASSIMO
SPINACE': Dopo lo scudetto ho allenato la B d'Eccellenza a
Palmanova. Sono rientrato poi allo Sporting ad occuparmi del gruppo
'95 (dove giocavano allora Vanessa Sturma ed Eva da Pozzo, oggi in
Serie A2 alla Libertas Basket School, ndr.) che faceva l'Under 15. E
contemporaneamente per tre anni ho svolto l'incarico di RTT
(Referente Tecnico Territoriale) femminile della regione. Abbiamo
giocato tre Trofei delle Regioni e Trofei di Bormio. E nel 2011 a
Torino, il Friuli Venezia Giulia è arrivato terzo con me in panchina
al Trofeo delle Regioni con l'annata '96.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Quindi immagino che ciò che hai appreso in 4 anni
con Larry tu lo abbia usato, applicato.
MASSIMO
SPINACE': Assolutamente sì.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Oltre lo Scudetto sono stati anche assegnati i primi
individuali. Il miglior quintetto comprendeva Martina Picotti,
premiata anche miglior realizzatrice, ed Erika Striulli nominata
anche MVP.
Il miglior
allenatore delle finali fu Gianluca Abignente.
Sappiamo
tutti che in una squadra in alcuni momenti il singolo emerge, ma ti
chiedo chi ha vinto lo Scudetto: il gruppo o i singoli?
MASSIMO
SPINACE': Il gruppo con dei singoli fuori dal comune.
Perché i
singoli fuori dal comune sarebbero stati fini a se stessi senza il
gruppo che provvedeva al lavoro dietro le quinte. Guarda Striulli, un
fenomeno, che se fosse stata alta 1,75 farebbe parlare di lei
quotidianamente a livello di altre giocatrici di A1. Un fenomeno
soprattutto per testa.
E guarda
Picotti, una rapidità di piedi fuori dal comune e mani educatissime,
capace di farsi trovare al posto giusto, nel momento giusto, con i
tempi giusti. Entrambe due talenti che però senza un gruppo
granitico sarebbero andate poco lontane da sole.
ALISTAIR
CASTAGNOLI: Questo scudetto l'hai dedicato a qualcuno?
MASSIMO SPINACE': Sinceramente
no. Non l'ho dedicato a nessuno. Perché ero troppo frastornato da
averlo vinto.
Però da
allora lo porto sempre con me nel portafoglio.
Credits Foto: in attesa
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Parte 3: le giocatrici, già pubblicato!Credits Foto: in attesa
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