LO SCUDETTO DEL 2009 – MASSIMO SPINACE'

L'INTERVISTA ALL'ASSISTENTE ALLENATORE DELLO SCUDETTO DI UDINE DEL 2009: MASSIMO SPINACE'

di Alistair Castagnoli, basketball coach, dottore in Scienze Motorie

Massimo Spinacè mi riceve a casa sua con il sorriso accogliente che conosco bene e che mi rammenta tutti gli anni trascorsi insieme allo Sporting Club Udine. La sua casa rispecchia il suo carattere: luminosa e genuina. Ci sediamo e ci immergiamo insieme nei ricordi di quella cavalcata che è terminata con lo Scudetto Under 19 del 2009.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Massimo tu hai iniziato allo Sporting Club Udine nel …?

MASSIMO SPINACE': Nel 2004, dopo 2 anni a Pozzuolo e uno al'FBF. Il mio primo incarico è come assistente di Francesco Vignando del gruppo 90, lo stesso gruppo che ha poi formato l'ossatura delle Serie A e dell'Under 19 di Gianluca Abignente. L'anno seguente, divento allenatore del gruppo '93 e assistente di Larry (Gianluca Abignente, ndr.) in A2 e dell'Under 19, due squadre che hanno sempre viaggiato su un percorso tecnico parallelo.


ALISTAIR CASTAGNOLI: Quando sei arrivato cos'hai percepito? Si respirava un'aria diversa dalle altre società?

MASSIMO SPINACE': Era praticamente una società semi professionistica. Io venivo da realtà molto diverse avendo allenato solo squadre giovanili in provincia. Li si iniziava a percepire che c'era una società organizzata e professionale. Dal minibasket fino alla serie A.

ALISTAIR CASTAGNOLI: E ti sei trovato subito a tuo agio. Lo so perché ricordo un aneddoto durante il tuo primo ritiro a Forni di Sopra (dove le squadre giovanili e la Serie A si allenavano a fine agosto per una settimana, ndr.): a cena dicesti che ti saresti dato tre anni per diventare un allenatore professionista. Te lo ricordi?

MASSIMO SPINACE':

ALISTAIR CASTAGNOLI: Quindi ci sei riuscito?

MASSIMO SPINACE': No! (Ride, ndr.) Non ci sono riuscito. Ma credo in parte per una mia scelta. Alla fine i margini c'erano.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Te lo confermo. Ed infatti dopo aver fatto l'assistente di Abignente in A2 e aver vinto lo scudetto, sei diventato capo allenatore di Palmanova del Presidente Marco Bruseschi, che era la società gemella di Udine in quegli anni.

MASSIMO SPINACE': Sì, ho allenato la prima squadra che disputava il campionato di B d' Eccellenza. Nonostante fosse la mia prima esperienza da capo allenatore di un gruppo senior, dal punto di vista tecnico e sportivo è stata una stagione buona. Abbiamo centrato i playoff con grande soddisfazione, perdendo purtroppo contro Muggia.
Peccato che poi la società abbia cambiato i suoi progetti. 



ALISTAIR CASTAGNOLI: Parliamo della squadra Under 19 che ha vinto lo scudetto nel 2009.
Ricordi? Aneddoti?

MASSIMO SPINACE': Tanti. Il ricordo più significativo sono le riunioni tecniche a casa di Larry. O meglio le sessioni video sul pavimento del soggiorno di casa sua. Momenti che mi hanno arricchito e insegnato molto. Durante le finali nazionali le ragazze alloggiavano in un albergo a Palmanova, Larry abitava a Palmanova, io a Udine. Prendevo l'auto e andavo a Palmanova perché potessimo essere preparati al meglio.

ALISTAIR CASTAGNOLI: In poche parole, se possibile, come avete fatto a vincere lo scudetto?

MASSIMO SPINACE': Quell'estate, all'inizio della stagione, Larry ed io eravamo al quarto anno assieme ed avevamo perfezionato ulteriormente i meccanismi della serie A. L'obiettivo principale di un capo allenatore è sempre quello di fare bene con la prima squadra.
Però, in cuor nostro, avevamo l'idea che per la giovanile potesse essere l'anno buono. Perché comunque venivamo da un terzo posto l'anno precedente. E quindi sapevamo che c'era l'opportunità di fare bene. Sapevamo anche che le variabili sono infinite durante una stagione. Ma strada facendo è accaduto qualcosa che gli altri anni non era mai accaduto: ci siamo resi conto che l'Under 19 diventava sempre più competitiva e sempre più quadrata nonostante il grande impegno delle ragazze Under con la Serie A. Si tenga presente che il loro coinvolgimento era sempre più ampio perché erano ormai grandi e avevano maturato esperienza. Il gruppo 90 era stabilmente in serie A dalla quinta alla nona giocatrice. Anche se poteva essere pesante per loro giocare la domenica a Broni o Carugate, a 3, 4 ore di distanza, e il lunedì magari andare con l'Uder 19 a fare una trasferta a Trieste, la loro competitività aumentava.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Parliamo proprio di queste difficoltà. Come le avete superate? La stagione è stata lunga: fase regionale, fase interzonale in cui su 4 squadre si qualificava solo la prima e le Finali Nazionali a 8 squadre. Con le ragazze che dovevano studiare e giocare anche in serie A minuti importanti.

MASSIMO SPINACE': Abbiamo cercato di essere sempre il più coerenti possibile nel dare estrema importanza a tutto quello che facevano. Anche quando giocavamo contro una squadra tecnicamente meno preparata, si cercava sempre di spingere le ragazze a dare il massimo perché si abituassero a stare sotto pressione. Onde evitare che anche il minimo calo di tensione facesse sì che alle partite successive fossero progressivamente sempre meno concentrate.
Quindi, quando andavamo a giocare contro squadre meno competitive di noi, la richiesta era che l'impegno fosse massimo e che il punteggio fosse una fotografia reale della differenza tecnica.
Una cosa che mi piaceva di Larry era che lui riusciva a dare dei singoli obiettivi durante le varie fasi di gioco. Per esempio chiedeva che in un quarto gli avversari non prendessero più di 3 rimbalzi in attacco indipendentemente dal punteggio. Dava degli obiettivi in ogni momento della gara per stimolare sempre le ragazze. Questa è una cosa che poi ho usato anche io, perché ci siamo resi conto che funzionava.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Larry ha usato 4 parole per descrivere la squadra e la stagione: ferocia, consapevolezza, cultura del lavoro e disciplina. Le condividi?

MASSIMO SPINACE': Sì. La consapevolezza si è creata partita dopo partita, nonostante non fosse facile incastrare gli allenamenti dell'Under 19 con quelli della serie A. Ma noi ripetevamo sempre alle giocatrici che ci allenavamo per portare a casa lo scudetto. La disciplina apparteneva a tutte quelle ragazze. Ragazze che saltavano le gite scolastiche di quarta e quinta superiore per giocare una partita di campionato Under 19. Direi che questo fa capire che dedizione e disciplina possedessero.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Mi voglio soffermare su due di questi termini: cultura del lavoro e disciplina. Due aspetti che negli ultimi 10 anni ho visto progressivamente sfumare dai principi che vedo insegnare nel mondo del basket femminile. O meglio ne parlano, ma da un punto di vista pratico constato lacune e contraddizioni. Secondo me sono due principi fondamentali che un allenatore deve trasmettere quando allena. Sei d'accordo?

MASSIMO SPINACE': Io in questi anni ho continuato ad allenare e mi sono spostato verso l'attività maschile. Cultura del lavoro e disciplina io li porto avanti, ma trasmetterli è forse la parte più difficile quando lavori in palestra con dei ragazzi molto giovani.
Quando allenavo nel femminile, 10 anni fa, le ragazze non vedevano tanta pallacanestro. In televisione ne trasmettevano pochissima e non c'erano gli smartphone con l'accesso a internet come ora.
Toccava a noi allenatori fargli vedere cosa fosse la pallacanestro. Dovevi mostrare, spiegare, dovevi rubare la loro attenzione facendogli vedere un gesto che poi loro iniziavano a copiare facendolo proprio con tutte le sfaccettature del caso. Questa attenzione, secondo me, creava in loro anche disciplina e voglia di lavorare sodo. Adesso c'è il problema opposto.
Questi ragazzini vedono tanta pallacanestro tutti i giorni, in tutte le forme varie ed avariate. Sviluppano una propria consapevolezza che spesso è superiore persino a quella di molti allenatori. Così pensano che l'allenatore sia lì solo per dirgli cosa fare e non per insegnargli a giocare a pallacanestro. Perché pensano che giocare a pallacanestro sia guardare la partita NBA o Eurolega dove tutto avviene in modo facile. Ma ai professionisti viene, tra virgolette, tutto facile perché si sono allenati decine di migliaia di ore.
Oltre a questo ho notato che le ultime generazioni hanno una capacità di attenzione notevolmente ridotta.
Ti faccio un esempio. Le sedute di allenamento della Serie A e Under 19 duravano 2 ore e spesso anche 2 ore e mezza. In cui l'ultima mezz'ora era dedicata al tiro individuale o situazioni meno dinamiche in cui potevi lavorare da stanco sui dettagli.
Adesso lavorare in palestra per più di un'ora e mezza è impensabile.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Torniamo alla squadra che ha vinto lo scudetto. Com'è vincere uno scudetto? Cosa provi? Cosa ti lascia dopo?

MASSIMO SPINACE': E' difficile dirlo perché non te ne rendi conto subito. Giochi la finale. Giochi punto a punto. La vinci perché per determinate situazioni riesci a prendere 4, 5, 6 punti di vantaggio.
Un canestro entra invece che uscire. Un'avversaria si palleggia su un piede. E magari quando mancano 40 secondi guardi il punteggio e vedi che siamo a più 6 e realizzi che non ti possono più prendere.
E quasi te la fai addosso (ride, ndr.). Perché dici “Cavolo è finita!”. E ti guardi indietro.
Sei partito ad agosto e il 30 maggio è successo! E ci sono alcuni pensieri che magari ti ritornano in mente, alcuni momenti di quei mesi e ti dici: cacchio! Ce l'abbiamo fatta veramente!

ALISTAIR CASTAGNOLI: Te la sei goduta questa vittoria nei giorni successivi?

MASSIMO SPINACE': Me la sono goduta? Ti dirò la verità eravamo troppo stanchi anche mentalmente. Sapevamo che la società non stava affrontando un periodo facile. Lo scudetto infatti è arrivato quasi a chiudere un ciclo ideale iniziato dalla società anni prima. Ma nei giorni successivi me la sono goduta eccome! Però a fine partita eravamo veramente stanchi. Infatti uno dei primi pensieri che mi è vento in mente i giorni dopo è stato che penso non riuscirò mai più con una squadra giovanile a vincere uno Scudetto. E se dovesse accadere sarebbe perché tantissime variabili sono andate a posto.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Rispetto alle altre versioni dell'Under 19 che non erano riuscite a vincere lo scudetto nel 2005, 2006, 2007 (anche se in quell'edizione in panchina non c'eravate tu e Gianluca Abignente) e 2008, questa cosa aveva di diverso?

MASSIMO SPINACE': Secondo me questa era più incazzata delle altre. Perché era formata da un gruppo sul quale la società storicamente aveva creato grossissime aspettative, ma che aveva preso ogni volta delle sonore bastonate. Finali e interzone perse su perse. Per loro era l'ultima occasione. Secondo me avevano un'incazzatura interna trasformata in fame agonistica che gli ha fatto fare il salto che era mancato prima. Questo gli ha probabilmente dato una intensità mentale che prima non avevano.



ALISTAIR CASTAGNOLI: Ricordi l'esordio in casa? Una sconfitta contro l'Athena Roma di Gaia Gorini? A inizio terzo quarto eravate a + 13, poi la sconfitta di 2 punti. Cos'è successo?

MASSIMO SPINACE': E' successo che questa incazzatura ha avuto effetti negativi invece che positivi. La pressione era talmente tanta, in un Benedetti così pieno che io non lo dimenticherò mai.
Anche perché il Benedetti è un palazzetto che fa sì che se sei nel pubblico si senta cosa dice l'allenatore e cosa dice la panchina. Si sente tutto. E tu dalla panchina e dal campo senti il pubblico. Lo senti lì in campo con te. Questo aumenta la pressione e l'ha aumentata nelle ragazze.
Quindi, giocavamo in casa, in un palazzetto che frequentiamo da sempre, ma ci vai a giocare la finale e trovarlo così pieno, ha creato una pressione totale che ha trasformato la nostra energia positiva in negativa.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Ciononostante il giorno dopo vi giocate la partita “dentro o fuori” contro Parma di Narviciute. Partita “dentro o fuori” perché nei due gironi formati da quattro squadre, passavano solo le prime due squadre di ogni girone. Con due sconfitte sareste andati a casa. E voi lo sapevate.
Come siete riusciti a trasformare la sconfitta di poche ore prima in una vittoria di 41 punti? Avete giocato una partita in cui avete dominato mentalmente e fisicamente Parma. Come avete fatto dopo nemmeno 24 ore? Questa domanda l'ho fatta anche a Larry, ti avviso.

MASSIMO SPINACE': (Ride, ndr.) Prima cosa: Larry ed io non abbiamo dormito quella notte. Le ragazze non so quanto avessero dormito. La scelta di andare a dormire a Palmanova in ritiro era voluta proprio per situazioni come questa. Magari sembrava assurdo: giocavamo in casa e chi ce lo faceva fare di andare a Palmanova dopo ogni partita? Invece quella è stata una delle chiavi secondo me.
Anche per responsabilizzare le ragazze. Il messaggio era: guarda cosa sta facendo per te, per voi ragazze, la società. Sta facendo tutto per farvi vincere lo scudetto. E tu, giocatrice, non devi neanche pensare a farti il letto o cosa mangiare. Quindi la società le aveva messe nelle condizioni migliori trattandole da professioniste. Alla lunga questo ha sicuramente pagato.
In quel caso succede che perdi, ma ti svegli il giorno dopo e trovi già lo staff che ti aspetta. Io ero arrivato a Palmanova (dormivo a Udine) ore prima e mi ero già incontrato con Larry per preparare le giornata. Così iniziamo a parlare con le ragazze. Prendiamo il pullman, veniamo a Udine a fare un'ora di tiro. Pranziamo assieme. E gestiamo tutto come una vera squadra professionistica. Probabilmente alla lunga questo ha cambiato la squadra.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Lavorare con Gianluca Abignente cos'è stato per Massimo Spinacè uomo, e Massimo Spinacè allenatore? Tu sei quello che probabilmente ha conosciuto Larry meglio o comunque più da vicino.

MASSIMO SPINACE': Sono quello che gli è stato affianco e che ha lavorato con lui nel momento in cui è diventato un allenatore professionista.
Mi sento di aver contribuito nonostante tutti i miei limiti, ero comunque un ragazzo di 25 anni, alle sue prime esperienze da allenatore e a farlo diventare un allenatore professionista.
E io, grazie a lui, ho sicuramente capito, dal punto di vista umano e sportivo, cosa vuol dire gestire un gruppo. Cosa vuol dire avere come priorità la gestione di un gruppo, delle persone. Ancor prima della gestione tecnica. Sulla quale lui non ha da invidiare niente a nessuno. Ha delle capacità indiscutibili.
Ma a livello di gestione del gruppo, in quegli anni, secondo me Larry era insuperabile ed era avanti.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Concordo. Era avanti anni luce! E come uomo? Lui è un professionista ma è anche una persona di spessore, secondo me.

MASSIMO SPINACE': Lui mi diceva sempre: ti vedo più di mia moglie, ti sento più di mia moglie. Ci allenavamo ogni giorno. E se non ci allenavamo facevamo video o andavamo a giocare o a vedere una partita da qualche parte. Eravamo praticamente come fratelli. Per quattro anni. E il suo modo di interpretare tutto questo è sempre stato come quello di creare una famiglia all'interno di un contesto che lui definiva non “professionista” ma “il più professionale possibile”. Secondo me questo è quello che lo distingueva da tanti altri e che mi ha lasciato.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Parliamo dello staff che comprendeva anche Marco Bertossi come massaggiatore e me come preparatore fisico. Cosa funzionava? Cosa faceva la differenza?

MASSIMO SPINACE': ... (Ci pensa su, ndr.)

ALISTAIR CASTAGNOLI: Mi spiego meglio: Marco si occupava del recupero degli infortuni, trattamenti, terapie e altro. Io mi occupavo della ri-atletizzazione e della preparazione specifica delle giocatrici. E poi tu e Larry vi occupavate della parte mentale, fisica, tecnica, tattica.
Marco ed io ci trovavamo spesso in mezzo tra la necessità della Serie A di avere una ragazza pronta (magari dopo un infortunio) il prima possibile e i tempi individuali che ogni essere vivente necessita quando si allena. Tu trovavi sempre il modo per metterci nelle condizioni migliori per fare il nostro lavoro e trovavi il modo giusto di fare da cuscinetto tra noi e te e Larry, facendoci incontrare nel punto ottimale per la salute fisica ed emotiva della ragazza.
Il fatto che le ragazze arrivassero pronte non era quindi solo un merito di Marco e mio. Era anche tuo e di Larry. Sembra banale, ma era davvero un lavoro di uno staff che trovava il modo di far conciliare l'esigenza dei recuperi delle ragazze con quello di fare risultato della Serie A.
E non è una cosa da poco.
Come lo facevamo funzionare?

MASSIMO SPINACE': Partiamo da una certezza. Secondo me, e vorrei che tu lo riportassi questo, non credo ci sia qualcuno più bravo di te a fare i lavori di recupero funzionale. (Sorrido, ndr.)
Il nostro lavoro come staff penso sia stato il frutto di 4 anni di lavoro insieme.
A livello umano cosa ci permetteva di rendere così tanto come staff?
Secondo me lo staff funzionava perché eravamo quattro persone molto diverse. E riuscivamo ad incastrarci. Larry era l'incazzoso del gruppo perché, come sottolineava sempre, sarebbe stato lui il primo a pagare in caso di fallimenti. Io ero quello più vicino a lui, ma ero anche quello opposto a lui. Ero pacato, cercavo di mettere calma. L'agitazione la metteva lui. Io mettevo calma. Marco era quello più sopra le righe, capace di prendere ogni cosa con grande filosofia. E tu eri quello più dentro le righe che a volte faceva le cose anche con troppa prudenza. Tutto questo incastro funzionava perfettamente.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Parlando di recuperi ed infortuni, magari uno dall'esterno pensava che l'Under 19 fosse arrivata alle Finali senza aver subito infortuni durante le stagione. Non è così. Chi le vedeva giocare le vedeva a posto. Ma non erano a posto in senso assoluto. Erano a posto per poter giocare.

MASSIMO SPINACE': La pallacanestro è uno sport traumatico. Pensare di arrivare sane a fine maggio quando avevi cominciato a metà agosto è utopia. Oltretutto facendo due o tre partite a settimana con allenamenti ogni giorno e sala pesi due o tre volte la settimana, aggiungendoci lo stress scolastico, aggiungendoci lo stress familiare e personale anche perché sono adolescenti, come puoi pensare di arrivare sano? Devi arrivare pronto.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Esatto. Sono due concetti diversi. E c'è da dire che alle Finali nazionali il nostro gruppo era completo e pronto. Guarda Como. Intervistato dalla FIP, il coach Walter Montini dichiarò: “Abbiamo avuto qualche problema di infortuni, come quello di Forgione che si è operata alla caviglia. Per questo ci presentiamo alla Finale con qualche punto interrogativo in panchina e in una competizione concentrata come questa la panchina è importante davvero. Abbiamo ambizioni di titolo ma speriamo di non essere condizionati dagli infortuni”. (in http://www.fip.it/giovanile/DocumentoDett.asp?IDDocumento=9176)
Invece Como in quelle Finali pagò gli infortuni. Alla nostra squadra non accadde. Arrivaste con tutte le giocatrici in grado di giocare e di rendere. E di giocare per 40 minuti, un gioco fatto di pressione continua e che era dispendioso fisicamente e mentalmente.

MASSIMO SPINACE': Cosa che io non sono mai più riuscito a fare in nessun altro contesto.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Ma lì probabilmente i 4 anni insieme vi hanno aiutato.

MASSIMO SPINACE': Sì, ci hanno aiutato e mi riallaccio a quanto ho detto all'inizio. Noi durante la stagione, anche se eravamo sopra di molti punti non mollavamo mai. Quel tipo di mentalità non la crei in una stagione o alle finali. La crei in più stagioni. Credo che nel breve sia impossibile creare quel tipo di mentalità. In quei quattro anni ci siamo riusciti.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Oltre allo staff ricordiamo il lavoro determinante del General Manager Mario Graziutti. Un uomo che ci teneva a lavorare non solo con le migliori persone, ma con il miglior staff possibile. Da qui il suo progetto di inviare noi membri dello staff come osservatori a varie finali nazionali in Italia e campionati europei in Europa per maturare esperienze e a conoscere altre realtà.
E' servito?

MASSIMO SPINACE': Tantissimo. Era un suo pallino. Dovevamo conoscere le altre realtà. Io mi ricordo che con te siamo andati a vedere gli Europei due volte. E con lui ho partecipato a diversi raduni delle Nazionali giovanili e Senior. Magari c'era soltanto una nostra giocatrice convocata e noi andavamo tre giorni a vedere il raduno. A vedere, a capire come lavoravano le Nazionali. Per comprendere come gestivano. Guardare e imparare. Quella volta, come ho detto prima, non c'era YouTube, non c'era la copertura televisiva come ora. Dovevi muoverti. Mario è un uomo di pallacanestro vecchia scuola per valori e di nuova scuola per competenze perché ha sempre saputo aggiornarsi, pur mantenendo i principi di una volta: vedere con gli occhi, sentire, provare. Vedere anche per esempio dove alloggiavano, cosa gli davano da mangiare. Per confrontarsi.
Lui studiava tutti questi dettagli e ne traeva idee da usare in società.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Due parole su Roberto Battistella, vostro dirigente accompagnatore nelle Finali e che a me piace definire l'allenatore degli allenatori. Perché lui, in tutti quegli anni, ha sempre avuto un occhio, una parola, un consiglio per noi tutti.

MASSIMO SPINACE': Io ho cominciato ad allenare femminile in una costola delle Sporting Club: la società FBF di cui Roberto era presidente e, pensa, lui mi faceva da assistente con grande umiltà e pazienza. Io avevo 22 anni e Roberto veniva in palestra in tuta a farmi da assistente e si arrabbiava con me perché non ero abbastanza deciso nei confronti delle ragazze: ragazze che avevano poco più di 14 anni allora! (ride, ndr.) Lui mi esortava a spronarle e tenerle sempre sotto pressione se non c'era abbastanza attenzione.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Lo Scudetto è stato un traguardo che ha contribuito alla tua carriera?

MASSIMO SPINACE': Penso di sì.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Tu dopo hai...?

MASSIMO SPINACE': Dopo lo scudetto ho allenato la B d'Eccellenza a Palmanova. Sono rientrato poi allo Sporting ad occuparmi del gruppo '95 (dove giocavano allora Vanessa Sturma ed Eva da Pozzo, oggi in Serie A2 alla Libertas Basket School, ndr.) che faceva l'Under 15. E contemporaneamente per tre anni ho svolto l'incarico di RTT (Referente Tecnico Territoriale) femminile della regione. Abbiamo giocato tre Trofei delle Regioni e Trofei di Bormio. E nel 2011 a Torino, il Friuli Venezia Giulia è arrivato terzo con me in panchina al Trofeo delle Regioni con l'annata '96.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Quindi immagino che ciò che hai appreso in 4 anni con Larry tu lo abbia usato, applicato.

MASSIMO SPINACE': Assolutamente sì.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Oltre lo Scudetto sono stati anche assegnati i primi individuali. Il miglior quintetto comprendeva Martina Picotti, premiata anche miglior realizzatrice, ed Erika Striulli nominata anche MVP.
Il miglior allenatore delle finali fu Gianluca Abignente.
Sappiamo tutti che in una squadra in alcuni momenti il singolo emerge, ma ti chiedo chi ha vinto lo Scudetto: il gruppo o i singoli?

MASSIMO SPINACE': Il gruppo con dei singoli fuori dal comune.
Perché i singoli fuori dal comune sarebbero stati fini a se stessi senza il gruppo che provvedeva al lavoro dietro le quinte. Guarda Striulli, un fenomeno, che se fosse stata alta 1,75 farebbe parlare di lei quotidianamente a livello di altre giocatrici di A1. Un fenomeno soprattutto per testa.
E guarda Picotti, una rapidità di piedi fuori dal comune e mani educatissime, capace di farsi trovare al posto giusto, nel momento giusto, con i tempi giusti. Entrambe due talenti che però senza un gruppo granitico sarebbero andate poco lontane da sole.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Questo scudetto l'hai dedicato a qualcuno?

MASSIMO SPINACE': Sinceramente no. Non l'ho dedicato a nessuno. Perché ero troppo frastornato da averlo vinto.

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