LO SCUDETTO DEL 2009 – ALISTAIR CASTAGNOLI

3 DOMANDE AL PREPATORE FISICO DELLO SCUDETTO DI UDINE DEL 2009: ALISTAIR CASTAGNOLI

di Marco Coletti, basketball coach, Dottore in Scienze Motorie

MARCO COLETTI: Caro Alistair iniziamo subito dal tuo lavoro con la squadra che ha vinto lo Scudetto Under 19 nel 2019. So che tu personalmente ti occupavi della prevenzione e del recupero funzionale post infortunio. Per poter svolgere al meglio questo lavoro e per poter ottenere il migliore risultato possibile per le ragazze, quanto è stato importante il feeling tra te e lo staff?

ALISTAIR CASTAGNOLI: E' stato fondamentale! Senza il feeling che si era iniziato a creare fin dal primo giorno 4 anni prima, non credo avremmo potuto ottenere così tanto dalle singole ragazze e dalla squadra.
Perché per vincere uno scudetto devi riuscire a fare quel passo in più. Prima mentale e poi fisico/tecnico/tattico. L'intesa e la fiducia che c'era ormai da 4 anni con lo staff (l'allenatore Gianluca Abignente, l'assistente Massimo Spinacè e il massaggiatore Marco Bertossi, ndr.) e con tutte le ragazze – con alcune di loro il rapporto professionale era iniziato nel 2001 – mi ha permesso di avere molto tempo a disposizione per lavorare con le ragazze sui loro punti deboli e sui loro punti di forza durante tutta la stagione.
Voglio spiegare bene questa cosa.
Il lavoro svolto con la squadra era diviso tra i lavori individuali e quelli di squadra. Io mi sono occupato di tutti i lavori individuali sia di preparazione che di recupero. Fai conto che tutte le ragazze svolgevano due sedute di “pesi” alla settimana. Alcune, tra cui Erika Striulli tre o quattro.
Voglio precisare che per “sedute di pesi” non intendo sollevare i pesi in modo fine a se stesso, ma intendo quelli che io chiamo movimenti necessari alla salute e alla performance della giocatrice. Movimenti che servono a migliorare forza, stabilità, esplosività, rapidità decisionale e capacità di assorbire i contatti (per approfondire si veda “La prevenzione degli infortuni: anticipare e preparare”). Tutte queste abilità si trasformano poi in migliore capacità performante e minore (purtroppo non “nessuno”) rischio di infortunio.
Larry (Gianluca Abignente, ndr.) si occupava insieme e Massimo (Spinacè, ndr.) della preparazione di squadra in campo – oltre che della parte tecnica e tattica. Marco (Bertossi, ndr.) faceva da tramite tra loro, le giocatrici e me per assicurare la migliore comprensione possibile di ogni esigenza individuale (delle giocatrici, ndr.).
Ho sempre trovato questa divisione dei compiti ottimale perché ci permetteva di confrontarci quotidianamente e di individualizzare ancora di più il lavoro: otto occhi vedono sicuramente molti più dettagli di due soltanto!

MARCO COLETTI: Immagino che durante la stagione tu abbia lavorato a stretto contatto con le giocatrici di quella squadra. C'è qualcosa che ti è rimasto in presso, qualcosa di particolare, di quel gruppo durante l'anno dello scudetto?

ALISTAIR CASTAGNOLI: Che domanda difficile! Di aneddoti e di ricordi ne ho tantissimi!
Prima di tutto voglio sottolineare che le giocatrici erano tutte persone di spessore umano notevole nonostante la giovane età. Lo dico perché lavorare con “persone” prima che con “atlete”, fa la differenza alla lunga.
Era un gruppo con cui lavorare era molto facile: amavano impegnarsi, amavano migliorarsi, amavano superare i propri limiti. Non ho mai dovuto chiedere dei sacrifici a nessuna, perché ognuna di loro veniva ad allenarsi con piacere. Apparteneva a tutte il piacere di allenarsi e di fare fatica perché credo toccassero con mano i miglioramenti.
Non sai quante volte erano loro a chiedermi di migliorare qualcosa di specifico in cui si accorgevano carenti. Arrivavano, sorridevano anche se ovviamente stanche o provate e, per esempio, mi dicevano: “Alistair, mi sono accorta che il mio arresto e tiro è troppo lento. Si può fare qualcosa?”. Oppure mi dicevano di sentirsi poco reattive o esplosive e mi chiedevano di trovare soluzioni insieme.
Quando hai la fortuna di lavorare con persone che hanno questo tipo di impostazione mentale tutto è più facile. Facile tra virgolette, ovviamente! Di facile non c'è stato nulla in quella stagione!
Per cui il loro urlo, l'esplosione di gioa quando la sirena è suonata in Finale è il momento per me più emozionante. Perché so quanto ci avevano messo di loro! So quanto lavoro, quanta cura dei dettagli c'era dietro! So quanto erano state ripagate! E so quanto avevano sofferto altre ragazze che ci avevano provato senza però riuscirci.

MARCO COLETTI: Di quell'esperienza c'è qualcosa che ti ha aiutato, che stato importante e che ti sei portato dietro quando hai poi gestito e programmato altre squadre nelle stagione successive?

ALISTAIR CASTAGNOLI: Moltissime cose. Io ero arrivato allo Sporting Club Udine nel 2001 e le mie conoscenze erano meno di zero. Nei primi 3 anni ho avuto una grande fortuna: ho avuto dei bravissimi maestri! In società, Maurizio Ivanchic, Francesco Vignando, Roberto Battistella e dovrei veramente citare ogni allenatore perché tutti mi hanno fatto crescere; e fuori dalla società, Luigino Sepulcri, Stefano Castegnaro, Giacomo Braida– e anche qui ne cito solo alcuni senza voler offendere chi non nomino!
Poter lavorare fianco a fianco con dei professionisti, non solo di capacità ma anche di mentalità, e potermi confrontare con loro, mi ha permesso di aggiungere quotidianamente qualcosa al mio bagaglio di conoscenze ed esperienze.
Ringraziando Dio questa è una fortuna che ho ancora perché i bravi maestri io li continuo a cercare e loro mi sopportano!
L'arrivo di Larry ha cambiato ancora di più questo. Perché Larry, tra tutte le sue qualità, ne ha una che è fondamentale per un leader: sa come tirare fuori il meglio da te. Lui stesso ha dato una sua spiegazione di questo (per approfondire si veda CAPITOLO 4: SOGNI in L'intervista a Gianluca Abignente).
Lo ha fatto con le giocatrici e lo ho fatto con noi dello staff.
Quindi ogni volta che c'era tra di noi un confronto, e credimi che ce ne siamo dette di tutte i colori a volte, ma sempre con un grande rispetto. Con quel rispetto che si ha tra professionisti che lavorano al meglio e in modo – e lo cito – “più professionale possibile”. Dicevo, ogni volta che ci confrontavamo io ne uscivo arricchito. Magari non d'accordo su ogni proposta, ma arricchito sempre!
Cosa ho portato con me?
Forse tu puoi rispondere meglio di me a questa domanda visto il lavoro che abbiamo svolto insieme dal 2010 al 2013 con la Seconda Squadra dello Sporting Club Udine.
Ho preso tutto quello che ho potuto. Tutto quello che ho ammirato nel lavoro fatto dalle giocatrici e dal suo staff. Perché ho visto dal di dentro come si costruisce la mentalità vincente, ho visto che tipo di impostazione mentale ti permette di giocare da protagonista le partite che assegnano uno scudetto. Senza trascurare valori come l'etica del lavoro, l'importanza della correttezza umana e professionale, il rispetto dei ruoli e il rispetto che devi avere per il lavoro di tutti i collaboratori e di tutte le ragazze.
E, fino al 2013, mio ultimo anno allo Sporting, credo di aver applicato, o almeno ci ho provato, questi principi in ogni stagione e in ogni squadra. Sia come preparatore, sia come allenatore. E ci provo anche ora che alleno individualmente diverse giocatrici.

MARCO COLETTI: Sì, e trasmetti ancora la passione.

ALISTAIR CASTAGNOLI: Lo spero! Vuoi chiudere tu con una riflessione?

MARCO COLETTI: Volentieri! Credo che questi traguardi sia un peccato non ricordarli. Sono esperienze bellissime vissute da parte di tutti. Quando sei il campione e vinci lo Scudetto vuole dire che sei il migliore d'Italia. Vuole dire che il tuo lavoro, quello dello staff, quello delle ragazze, quello di tutti è stato il top, è stato il migliore. E quando sei il migliore, è una bella soddisfazione! Giochi per quello, lavori per quello. Cioè è chiaro che lavori perché è la tua passione, perché ti piace, però sapere anche di essere ogni tanto il migliore, dà un sapore diverso al lavoro che fai. Non dico che si lavori solo per quello, ma comunque essere il migliore è un obiettivo. E se il tuo lavoro ti porta ad essere al top, vuol dire che funziona. E quando il tuo lavoro funziona è una buona cosa. Quindi è bello così.
Ed è bello ricordare come si raggiungono questi traguardi. Credo che si crei un tipo di rapporto fra staff e giocatrici che è un peccato perdere, perché comunque per anni lavori insieme, ti vedi ogni giorno. Per nove mesi l'anno fai di tutto per far andare le cose bene ed è un peccato che quei rapporti si perdano completamente. Anche perché basta ogni tanto un pensiero, una piccola cosa che ti riporta un po' al passato, ti riporta a ciò che alla fine sono state belle esperienze e quindi è bello anche ricordarsi di questo.

 
Lo Speciale per il decennale dello Scudetto 2009 continua!
Parte 3: le giocatrici, già pubblicato!

Credits Foto: in attesa

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